Circolare
Agenzia delle Entrate n. 3/E del 15 gennaio 2003
OGGETTO: Legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003).
Disposizioni in materia di concordato.
INDICE
1 PREMESSA
2 INTEGRAZIONE DEGLI IMPONIBILI PER GLI ANNI PREGRESSI
2.1 Contribuenti ammessi
2.1.1 Eredi
2.1.2 Liquidatori
2.1.3 Curatori fallimentari, Commissari liquidatori,
Commissari straordinari delle grandi imprese in stato di insolvenza
2.1.4 Curatori dell’eredità giacente, Amministratori di
eredità devolute sotto condizione sospensiva o in favore di nascituri non
ancora concepiti
2.1.5 Società trasformate
2.1.6 Società fuse
2.1.7 Società scisse
2.1.8 Dichiarazione congiunta
2.1.9 Soci di società di persone, associati di associazioni
tra artisti e professionisti, coniuge che gestisce l'azienda in comunione
2.2 Periodi d’imposta definibili
2.3 Imposte e contributi cui è riferibile l’integrazione
2.4 Imponibili oggetto di integrazione
2.5 Integrazione delle ritenute
2.6 Esclusioni
2.6.1 Esclusioni derivanti dalla notifica di atti
2.6.2 Esclusioni derivanti dall’avvio di un procedimento
penale del quale l’interessato abbia formale conoscenza
2.7 Modalità e termini di presentazione delle dichiarazioni integrative
2.7.1 Presentazione telematica diretta
2.7.2 Presentazione telematica tramite intermediari
2.7.3 Presentazione su supporto cartaceo
2.8 Modalità di calcolo e di versamento delle imposte
2.8.1 Contenuto delle dichiarazioni integrative
2.9 Dichiarazione integrativa riservata
2.10 Regolarizzazione dei redditi e degli imponibili conseguiti all’estero
2.11 Effetti della dichiarazione integrativa semplice
2.11.1 Preclusione dell’accertamento
2.11.2 Estinzione delle sanzioni amministrative tributarie e
previdenziali
2.11.3 Esclusione della punibilità
2.11.4 Interposizione di persone
3 DEFINIZIONE AUTOMATICA PER GLI ANNI PREGRESSI
3.1 Contribuenti ammessi
3.2 Periodi d’imposta definibili
3.3 Ambito oggettivo
3.4 Esclusioni
3.5 Modalità e termini di presentazione della dichiarazione
3.6 Modalità di calcolo e di versamento delle imposte
3.6.1 Settore imposte dirette e assimilate
3.6.2 Settore IVA
3.7 Effetti della definizione automatica
3.7.1 Preclusione dell’accertamento
3.7.2 Estinzione delle sanzioni amministrative tributarie
3.7.3 Esclusione della punibilità
3.7.4 Ulteriori effetti
3.7.5 Disposizioni in merito al sisma che ha interessato le
province di Catania, Ragusa e Siracusa nel 1990
4 DEFINIZIONE AUTOMATICA DI REDDITI DI IMPRESA E DI LAVORO AUTONOMO PER GLI
ANNI PREGRESSI MEDIANTE AUTOLIQUIDAZIONE
4.1 Periodi d’imposta definibili
4.2 Contribuenti ammessi
4.3 Esclusioni
4.4 Effetti della definizione
4.4.1 Inibizione dei poteri di controllo dell’ufficio
4.4.2 Esclusione dell’applicabilità delle presunzioni di
cessioni e di acquisto
4.4.3 Definitività della liquidazione delle imposte
4.4.4 Effetti extratributari
4.5 Criteri di definizione per l’annualità 1997
4.6 Criteri di definizione per le annualità dal 1998 al 2001
4.6.1 adeguamento dei ricavi o compensi in base agli studi di
settore di cui all’articolo62-bis del decreto legge n. 331 del 1993 convertito
dalla legge n. 427 del 1993.
4.6.2 adeguamento dei ricavi o compensi in base ai parametri
di cui all’articolo 3, commi da 181 a 189, della legge n. 549 del 1995.
4.6.3 adeguamento dei ricavi e compensi in funzione della
distribuzione dei contribuenti per fasce di ricavi o compensi e di redditività
risultanti dalle dichiarazioni.
4.7 Criteri di definizione da parte dei soggetti congrui e coerenti
4.8 Criteri per la definizione da parte delle persone fisiche titolari dei
redditi prodotti in forma associata.
4.9 Criteri per la definizione da parte dei titolari di reddito agrario e di
imprese di allevamento
4.10 Modalità di perfezionamento della definizione automatica
4.11 Termini di versamento
4.12 Rateizzazione dei versamenti
4.13 Comunicazione della definizione
5 PROROGA DI TERMINI
6 DEFINIZIONE AGEVOLATA AI FINI DELLE IMPOSTE DI REGISTRO, IPOTECARIA,
CATASTALE SULLE SUCCESSIONI E DONAZIONI E SULL’INCREMENTO DI VALORE DEGLI
IMMOBILI
6.1 Ambito di applicazione
6.1.1 Tributi ammessi alla definizione
6.1.2 Valori non ammessi alla definizione
6.1.3 Condizioni per accedere alla definizione
6.1.4 Versamento delle maggiori imposte
6.2 Adempimenti del contribuente
6.3 Adempimenti dell’ufficio
6.4 Adempimento delle formalità omesse
7 DEFINIZIONE DEI CARICHI DI RUOLO PREGRESSI
7.1 Ruoli ammessi alla definizione
7.2 Modalità per la definizione
7.2.1 Ruoli consegnati ai concessionari tra il 1° gennaio
1997 e il 30 giugno 1999
7.2.2 Ruoli affidati anteriormente al 1° gennaio 1997
7.2.3 Comunicazioni al debitore
7.3 Maggiori rateazioni
8 REGOLARIZZAZIONE DELLE SCRITTURE CONTABILI
8.1 Effetti fiscali delle dichiarazioni integrative
8.2 Regolarizzazione contabile per i soggetti che hanno presentato le
dichiarazioni integrative
8.3 Ulteriori regolarizzazioni contabili
8.4 Regolarizzazione contabile delle attività detenute all’estero.
8.5 Regolarizzazioni contabili dei soggetti che hanno aderito al condono
tombale
8.6 Adeguamento delle esistenze iniziali
9 DEFINIZIONE DEGLI ACCERTAMENTI, DEGLI INVITI AL CONTRADDITTORIO, DEI PROCESSI
VERBALI DI CONSTATAZIONE
9.1 Ambito di operatività
9.1.1 Presupposti soggettivi
9.1.2 Presupposti oggettivi
9.2 Condizioni per accedere alla definizione
9.3 Modalità di calcolo delle imposte dovute
9.3.1 Avvisi di accertamento e inviti al contraddittorio
9.3.2 Processi verbali di constatazione
9.4 Modalità di pagamento
9.5 Effetti
9.6 Sospensione dei termini
10 CHIUSURA DELLE LITI FISCALI PENDENTI
10.1 Ambito di applicazione
10.2 Nozione di lite pendente
10.3 Liti definibili
10.4 Valore della lite e lite autonoma
10.5 Coobbligati
10.6 Somme dovute
10.7 Errore scusabile
10.8 Sospensione dei giudizi e dei termini per impugnare le sentenze
10.9 Estinzione del giudizio
11 REGOLARIZZAZIONE DELLE INADEMPIENZE IN MATERIA DI SERVIZIO PUBBLICO
TELEVISIVO
12 DICHIARAZIONE INTEGRATIVA E DEFINIZIONE DELLE CONTROVERSIE RELATIVE
ALL’IMPOSTA UNICA DOVUTA PER LE SCOMMESSE DIVERSE DALLA SCOMMESSA TRIS E DALLE
SCOMMESSE AD ESSA ASSIMILABILI.
1 PREMESSA
Nel supplemento ordinario n. 240/L alla Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31
dicembre 2002 è stata pubblicata la legge 27 dicembre 2002, n. 289 concernente
disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2003).
Al capo II del titolo II la richiamata legge (di seguito “finanziaria 2003”)
detta norme per agevolare la definizione delle situazioni e le pendenze in materia
di imposte sui redditi, di imposta regionale sulle attività produttive, di
imposta sul valore aggiunto, di imposta sul patrimonio netto, di imposte
indirette e di tributi locali.
In particolare:
• l’articolo 6 istituisce il concordato triennale preventivo;
• l’articolo 7 disciplina la definizione automatica dei redditi d’impresa e di
lavoro autonomo per gli anni pregressi mediante autoliquidazione;
• l’articolo 8 contiene le disposizioni riguardanti l’integrazione degli
imponibili per gli anni pregressi;
• l’articolo 9 reca le modalità di definizione automatica per gli anni
pregressi;
• l’articolo 10 prevede, nei confronti dei soggetti che non si avvalgono delle
modalità di definizione di cui agli articoli 7, 8 e 9, la proroga di un anno
dei termini per l’accertamento;
• l’articolo 11 disciplina la definizione agevolata delle imposte di registro,
ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni e sull’incremento di
valore degli immobili;
• l’articolo 12 prevede la definizione in materia di riscossione dei carichi
iscritti a ruolo;
• l’articolo 13 prevede che le regioni, le province e i comuni possono
stabilire la definizione dei tributi loro dovuti;
• l’articolo 14 reca disposizioni per la regolarizzazione delle scritture
contabili;
• l’articolo 15 disciplina la definizione degli accertamenti, degli inviti al
contraddittorio e dei processi verbali di constatazione;
• l’articolo 16 prevede le modalità di definizione delle liti fiscali pendenti.
Con la presente circolare vengono forniti i primi chiarimenti in merito ai
diversi criteri e modalità di definizione agevolata previsti dalla citata
normativa.
2 INTEGRAZIONE DEGLI IMPONIBILI PER GLI ANNI PREGRESSI
L’articolo 8 della finanziaria 2003 prevede la possibilità di integrare le
dichiarazioni relative ai periodi d’imposta per i quali i termini di
presentazione siano scaduti entro il 31 ottobre 2002.
I contribuenti interessati possono altresì presentare, in relazione agli stessi
periodi d’imposta, le dichiarazioni a suo tempo omesse. Ai sostituti d’imposta è
consentito integrare le ritenute d’imposta non operate.
Per integrare gli imponibili occorre presentare apposita dichiarazione entro il
17 marzo 2003 (il giorno 16 marzo indicato nella norma cade in giorno festivo)
2.1 Contribuenti ammessi
Possono avvalersi delle disposizioni agevolative di cui all’articolo 8 tutti i
contribuenti, indipendentemente dalla forma giuridica rivestita.
Sono, in particolare, ammessi a presentare le dichiarazioni integrative i
seguenti soggetti:
• le persone fisiche
• le imprese familiari
• le società semplici
• le società in nome collettivo
• le società in accomandita semplice
• le società di armamento
• le società di fatto
• le aziende coniugali gestite o meno in forma societaria
• le associazioni tra professionisti
• le società per azioni
• le società in accomandita per azioni
• le società a responsabilità limitata
• le società cooperative
• le società di mutua assicurazione
• gli enti commerciali
• gli enti non commerciali
• le società e gli enti non residenti
• i sostituti d’imposta, ossia i soggetti obbligati ad operare ritenute alla
fonte e al versamento delle stesse, di cui al titolo III del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600
Sono di seguito individuati alcuni casi particolari di soggetti legittimati a
presentare la dichiarazione integrativa.
2.1.1 Eredi
Gli eredi possono presentare dichiarazioni integrative per definire la
posizione tributaria dei loro danti causa per i periodi d’imposta definibili
secondo la normativa in esame.
In assenza di contrarie disposizioni normative, si ritiene che gli eredi
possono avvalersi, anche ai fini della presentazione delle dichiarazioni
integrative, del disposto degli articoli 65, comma 3, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e 35-bis, primo comma, del decreto
del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in base ai quali sono
prorogati di sei mesi tutti i termini pendenti alla data del decesso ovvero
scadenti entro quattro mesi da essa.
Pertanto gli eredi dei contribuenti deceduti tra il 16 dicembre 2002 e il 16
marzo 2003, possono presentare la dichiarazione integrativa relativamente alla
posizione fiscale del dante causa ed effettuare i relativi versamenti entro il
16 settembre 2003.
La proroga opera anche a favore degli eredi dei soci di società di persone per
gli adempimenti, successivamente illustrati, di cui al comma 11 dell’articolo
8.
Nessuna proroga dei termini è, invece, stabilita per gli eredi dei contribuenti
deceduti entro il 15 dicembre 2002 che, se presentano le dichiarazioni
integrative concernenti i redditi del de cuius, devono farlo nei termini
ordinari.
2.1.2 Liquidatori
In caso di liquidazione delle imprese individuali e delle società, i
liquidatori o, in mancanza, il rappresentante legale possono presentare
dichiarazione integrativa ai fini delle imposte sui redditi e delle ritenute
dovute, sia per i periodi d’imposta antecedenti sia per quelli successivi alla
messa in liquidazione.
A tal proposito si ricorda che se la liquidazione si protrae oltre l’esercizio
in cui ha avuto inizio, il liquidatore è tenuto a presentare la dichiarazione
dei redditi sia per la residua frazione di tale esercizio sia per ciascun
successivo periodo intermedio. Tali dichiarazioni intermedie, se la
liquidazione non supera i tre o cinque esercizi consentono di liquidare le
imposte in via provvisoria, ai sensi dell’articolo 124, comma 2 del TUIR. Ai
fini IVA i soggetti in liquidazione possono integrare sia i periodi antecedenti
alla delibera di messa in liquidazione, sia quelli successivi.
2.1.3 Curatori fallimentari, Commissari liquidatori, Commissari straordinari
delle grandi imprese in stato di insolvenza
Ai sensi dell’articolo 42 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge
fallimentare), il fallito, dalla data della sentenza dichiarativa di
fallimento, è privato della disponibilità dei suoi beni nonché dei poteri di
amministrazione che, a norma dell’articolo 31 del medesimo regio decreto, sono
affidati al curatore fallimentare, sotto la direzione del giudice delegato.
I curatori possono, quindi, avvalersi delle disposizioni agevolative in
argomento, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei
creditori e, quando possibile, anche il soggetto fallito ai sensi dell’articolo
35 della legge fallimentare.
Tali soggetti, di conseguenza, sono legittimati a presentare la dichiarazione
integrativa sia per i periodi d’imposta antecedenti l’apertura della procedura
concorsuale, sia per quello relativo alla procedura medesima, ai sensi
dell’articolo 125 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).
Resta ferma l’autonoma soggettività passiva del fallito per i redditi
personali, attratti o meno al fallimento (cfr. risoluzione 5 giugno 2002, n.
171), per i quali il fallito è legittimato a presentare autonomamente
dichiarazione integrativa.
Analogamente sono legittimati a presentare la dichiarazione integrativa anche i
commissari liquidatori in caso di liquidazione coatta amministrativa e i
commissari dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di
insolvenza, previa acquisizione del parere del comitato di sorveglianza e con
l’autorizzazione dell’autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione.
Ai fini del perfezionamento dell’integrazione, i soggetti prima richiamati
devono provvedere al pagamento delle somme dovute entro i termini e con le
modalità stabilite dalle disposizioni in commento. Al riguardo si ritiene che
tali somme, ai fini dell’ordine preferenziale di distribuzione delle somme
ricavate dalla liquidazione dell’attivo, equiparabili a quelle contemplate dall’articolo
111, 1° comma, n. 1 della legge fallimentare, debbano essere portate in
prededuzione.
2.1.4 Curatori dell’eredità giacente, Amministratori di eredità devolute
sotto condizione sospensiva o in favore di nascituri non ancora concepiti
Anche i curatori dell’eredità giacente e gli amministratori di eredità devolute
sotto condizione sospensiva o in favore di nascituri non ancora concepiti
possono provvedere alla integrazione delle dichiarazioni dei redditi che, per
il combinato disposto degli articoli 131 del TUIR e 19 del decreto del
Presidente della Repubblica 4 febbraio 1988, n. 42, essi sono obbligati a
presentare con riferimento ai periodi d’imposta specificati dalle norme
richiamate.
2.1.5 Società trasformate
Come è noto l’istituto della trasformazione delle società consiste nella
modificazione della forma giuridica e può, quindi, essere attuata:
• nell’ambito di uno stesso tipo di società: società di persone che si
trasforma in altra società personale ovvero società di capitali che si
trasforma in altra società di capitali (c.d. trasformazione omogenea);
• in un diverso tipo di società: società di persone che si trasforma in società
di capitali ovvero società di capitali che si trasforma in società di persone
(c.d. trasformazione disomogenea).
Nella prima ipotesi, poiché si realizza una continuità non solo giuridica ma
anche contabile e fiscale, la società risultante dalla trasformazione, come già
evidenziato con circolare 9 maggio 1992, n. 12, deve presentare un’unica
dichiarazione integrativa. Inoltre, per i periodi d’imposta antecedenti e
posteriori alla trasformazione, devono essere scelte modalità di integrazione
tra loro coerenti. Così, ad esempio, se per i periodi successivi alla
trasformazione è richiesta la definizione automatica a norma dell’articolo 9,
affinché quest'ultima sia valida, deve richiedersi la definizione automatica
anche per i periodi d’imposta precedenti il cambiamento, suscettibili di
definizione.
Nella seconda ipotesi, poiché la trasformazione comporta che il soggetto - che
acquista o perde la personalità giuridica - sia sottoposto a un distinto regime
fiscale, la società interessata ai fini della definizione agevolata è tenuta a
presentare due distinte dichiarazioni integrative, una per la società
trasformata e l’altra per la società risultante dalla trasformazione. Si
ricorda che ai fini IVA, invece, in caso di trasformazione da società di
persone in società di capitali e viceversa sussiste sempre continuità ai fini
dell’assolvimento degli obblighi contabili e di quelli dichiarativi.
2.1.6 Società fuse
La fusione comporta la concentrazione di due o più soggetti societari in una
sola società e la contestuale estinzione di tutte o di alcune di esse.
La fusione può avvenire, infatti, per unione, ossia attraverso la fusione di
due o più società che si estinguono costituendo una nuova società, ovvero per
incorporazione, mediante la quale una delle società partecipanti rimane in vita
incorporando le altre.
Per le società fuse o incorporate le dichiarazioni integrative devono essere
presentate dalla società risultante dalla fusione o dalla società incorporante,
le quali subentrano in tutti i diritti e in tutti gli obblighi delle società
fuse o incorporate.
Poiché le singole società fuse o incorporate, ai fini della definizione delle
situazioni e delle pendenze tributarie, conservano una posizione autonoma sia
tra esse che rispetto alla società incorporante o risultante dalla fusione,
quest’ultime sono tenute a presentare distinte dichiarazioni integrative per le
singole società fuse o incorporate. Conseguentemente, possono essere
presentate, ad esempio, l’istanza di definizione automatica per la società
incorporante e l’integrativa semplice per una o più società incorporate.
Parimenti ai fini IVA, poiché la società risultante dalla fusione subentra in
tutti gli obblighi e diritti delle società fuse, solo essa può presentare le
dichiarazioni integrative, sia per se medesima sia per le società fuse.
2.1.7 Società scisse
Le operazioni di scissione possono essere distinte in:
• scissione totale
• scissione parziale.
Con la scissione totale, l’intero patrimonio di una società è trasferito ad una
o più società preesistenti o di nuova costituzione. A seguito di tale
operazione la società scissa cessa di esistere. Pertanto, ai sensi dell’articolo
123-bis del TUIR gli obblighi tributari della società scissa, afferenti periodi
d’imposta precedenti alla data in cui ha effetto la scissione, sono trasferiti
alla società beneficiaria appositamente designata nell’atto di scissione.
Ricorrendo tale ipotesi sarà la società beneficiaria a presentare oltre le
dichiarazioni integrative riguardanti la propria posizione tributaria, anche
quelle afferenti alla posizione tributaria della società scissa.
Con la scissione parziale è trasferito ad una o più società, siano esse
preesistenti o di nuova costituzione, solo una parte del patrimonio della
società scissa. In tal caso quest’ultima continua ad esistere. Ne consegue che
gli obblighi tributari della società scissa, anche riferibili a periodi
d’imposta precedenti alla data in cui ha effetto l’operazione di scissione,
sono adempiuti dalla stessa società scissa.
2.1.8 Dichiarazione congiunta
Per le dichiarazioni presentate congiuntamente dai coniugi, l’eventuale
dichiarazione integrativa dovrà essere presentata singolarmente da ciascun
coniuge. Di conseguenza la dichiarazione integrativa presentata da uno dei
coniugi avrà effetto solo nei riguardi della propria posizione tributaria e
contributiva, senza coinvolgere la posizione dell’altro coniuge.
In tal caso, la liquidazione delle imposte dovute in base alle dichiarazioni
integrative non potrà esercitare alcuna influenza sulla compensazione
eventualmente operata nella dichiarazione originaria tra crediti e debiti
tributari dei due coniugi.
2.1.9 Soci di società di persone, associati di associazioni tra artisti e
professionisti, coniuge che gestisce l'azienda in comunione
L'articolo 8, comma 11, prevede che le società e le associazioni di cui
all'articolo 5 del TUIR, e successive modificazioni, nonché i titolari delle
aziende coniugali non gestite in forma societaria e delle imprese familiari che
presentano dichiarazioni integrative devono comunicare, entro il 16 aprile
2003, ai soci titolari dei redditi prodotti in forma associata l’avvenuta
presentazione delle menzionate dichiarazioni. Ciò in quanto la norma prevede
che le dichiarazioni integrative della società o associazione producono effetti
anche nei confronti dei soci. L'articolo 8, comma 11, infatti, prevede che “la
presentazione della dichiarazione integrativa da parte dei soggetti … (sopra
individuati) costituisce titolo per l’accertamento ai sensi dell’articolo
41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, …
, nei confronti dei soggetti che non hanno integrato i redditi prodotti in
forma associata”.
Da quanto appena evidenziato consegue che qualora i soggetti cui sono imputati
pro quota i redditi delle menzionate società o associazioni e delle aziende
gestite in comunione tra i coniugi non si avvalgono della facoltà di presentare
dichiarazioni integrative semplici ai sensi dell’articolo 8 in esame, gli
Uffici potranno effettuare accertamenti parziali ai sensi dell’articolo 41-bis
del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 sulla base dei
maggiori redditi integrati dalla società o associazione.
L’obbligo di comunicazione – prima richiamato - sussiste anche nel caso di
presentazione della dichiarazione riservata di cui al comma 4 dell’articolo 8.
I soci, a loro volta, possono presentare la dichiarazione integrativa secondo
le modalità ordinarie - ovvero - anch’essi in via riservata. Resta fermo, in
ogni caso, il potere dell’amministrazione finanziaria di procedere ad
accertamento parziale ai sensi dell’articolo 41-bis del decreto del Presidente
della Repubblica n. 600 del 1973 qualora, in presenza di dichiarazione
integrativa riservata presentata dalla società, i soci non abbiano provveduto
alla regolarizzazione della posizione individuale.
La norma, inoltre, a beneficio dei soci, associati o partecipanti nelle società
o altri soggetti richiamati all’articolo 5 del TUIR, prevede termini più ampi
sia per la presentazione della dichiarazione integrativa sia per il pagamento
delle relative imposte. Tali soggetti, infatti, possono presentare la
dichiarazione integrativa di cui all’articolo in esame e versare le relative
imposte entro il 20 giugno 2003.
Al riguardo si precisa che i soggetti titolari di redditi di partecipazione in
uno o più società o associazioni di cui all’articolo 5 del TUIR sono ammessi a
presentare più di una dichiarazione integrativa. In particolare tali soggetti
possono:
• presentare entro il 17 marzo 2003 la dichiarazione con definizione automatica
ai sensi dell’articolo 9, nel qual caso la situazione tributaria risulta
definita;
• entro il 17 marzo 2003 presentare la dichiarazione integrativa ai sensi
dell’articolo 8, per integrare gli imponibili originariamente dichiarati
diversi da quelli di partecipazione; al fine di integrare questi ultimi
redditi, possono presentare entro il 20 giugno 2003 una ulteriore dichiarazione
integrativa conseguente a quella (o a quelle) presentata dalla società
partecipata ai sensi dell’articolo 8;
• presentare entro il 16 settembre 2003 la dichiarazione integrativa ai sensi
dell’articolo 7, conseguente a quella presentata dalla società partecipata ai
sensi del medesimo articolo.
2.2 Periodi d’imposta definibili
L’articolo 8, comma 1, stabilisce che possono costituire oggetto di
integrazione le dichiarazioni relative ai periodi d’imposta per i quali i
termini per la presentazione sono scaduti entro il 31 ottobre 2002.
In particolare, possono essere oggetto d’integrazione:
• ai fini delle imposte sui redditi, delle altre imposte e dei contributi, i
periodi d’imposta compresi tra il 1997 e il 2001, se coincidenti con l’anno
solare;
• ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, gli anni dal 1998 al 2001.
In caso di dichiarazioni omesse sono suscettibili di definizione anche i
periodi di imposta 1996 per le imposte dirette e 1997 per l’IVA.
La data del 31 ottobre 2002, entro la quale deve cadere il termine per la
presentazione delle dichiarazioni relative ai periodi di imposta oggetto di
integrazione, rileva per la generalità dei contribuenti, a nulla rilevando la
circostanza che questi siano stati autorizzati a presentare la dichiarazione
tramite banca o posta ovvero in via telematica.
Posto che ai fini della individuazione delle dichiarazioni oggetto di
integrazione occorre fare riferimento al termine di presentazione in via
telematica stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del
1998, deve ritenersi che per i soggetti con esercizio non coincidente con
l’anno solare, l’ultimo periodo d’imposta definibile è quello relativo
all’esercizio chiuso entro il 31 dicembre 2001. In altri termini, tali
soggetti, in quanto tenuti – ai sensi dell’articolo 2 del citato decreto del
Presidente della Repubblica – a presentare la dichiarazione dei redditi in via
telematica entro l’ultimo giorno del decimo mese successivo a quello di
chiusura del periodo d’imposta, non possono definire periodi d’imposta chiusi
dopo il 31 dicembre 2001, per i quali la data di presentazione della relativa
dichiarazione scade successivamente al 31 ottobre 2002.
2.3 Imposte e contributi cui è riferibile l’integrazione
L’integrazione ha effetto ai fini dei seguenti imposte e contributi:
• l’IRPEF le relative addizionali
• l’IRPEG
• le imposte sostitutive
• l’ILOR
• l’imposta sul patrimonio netto delle imprese
• l’imposta sul valore aggiunto
• l’imposta regionale sulle attività produttive
• i contributi previdenziali
• il contributo al servizio sanitario nazionale
• le ritenute alla fonte.
Non possono formare oggetto di integrazione le imposte dovute a seguito della
liquidazione delle dichiarazioni dei redditi ai sensi dell’articolo 36-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e del controllo formale
di cui all’articolo 36-ter del medesimo decreto, nonché a seguito della
liquidazione delle dichiarazioni IVA di cui all’articolo 54-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
2.4 Imponibili oggetto di integrazione
Con riguardo alle imposte sui redditi, l’integrazione può interessare tutte le
tipologie di redditi contemplate dall’articolo 6 del TUIR (redditi fondiari, di
capitale, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, di impresa e diversi),
siano essi soggetti a tassazione ordinaria ovvero a tassazione separata e anche
se non risultino indicati nella dichiarazione originaria.
Considerato che l’articolo 8 non prevede la definizione contestuale di tutte le
imposte, i contribuenti possono presentare la dichiarazione integrativa con
riferimento anche ad una sola imposta o contributo e anche per un singolo
periodo d’imposta. Pertanto possono essere autonomamente integrati, ad esempio,
gli imponibili rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e quelli rilevanti
ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, senza peraltro dover interessare
tutte le annualità.
I contribuenti che intendano integrare o dichiarare un reddito soggetto a
tassazione separata ai fini IRPEF devono necessariamente avvalersi delle
disposizioni disciplinanti l’integrazione degli imponibili per gli anni
pregressi, stante il disposto dell’articolo 9, comma 1, secondo cui “non
possono essere oggetto di definizione automatica i redditi a tassazione
separata”. Con riferimento all’annualità in cui tali redditi sono stati
conseguiti, essi presentano pertanto una dichiarazione integrativa, indicando
il reddito soggetto a tassazione separata precedentemente omesso o dichiarato
in modo infedele. Ciò anche nelle ipotesi in cui lo stesso contribuente abbia
presentato per la medesima annualità dichiarazione integrativa con richiesta di
definizione automatica. In altri termini, qualora si intenda effettuare la
definizione automatica e, nello stesso tempo, integrare redditi soggetti a
tassazione separata, è necessario produrre due distinte dichiarazioni rilevanti
rispettivamente ai fini dell’articolo 9 e dell’articolo 8.
Così, ad esempio, un imprenditore che abbia conseguito nell’anno 1998 una
plusvalenza realizzata mediante cessione a titolo oneroso di azienda posseduta
da più di cinque anni, assoggettata a tassazione separata ai sensi
dell’articolo 16, lett. g), del TUIR, può integrare il relativo imponibile a
suo tempo tassato separatamente, esclusivamente con la procedura di cui
all’articolo 8 della legge finanziaria 2003 assoggettandolo al regime di
tassazione separata.
Ne consegue che per porre rimedio all'infedeltà della dichiarazione originaria
relativamente a detto reddito soggetto a tassazione separata, il contribuente
deve necessariamente presentare una specifica dichiarazione integrativa, e ciò
anche nel caso in cui per l'anno 1998 abbia definito automaticamente la propria
posizione tributaria con la presentazione della dichiarazione prevista
all’articolo 9.
Avendo riguardo al richiamato disposto dell’articolo 9, comma 1, deve ritenersi
ugualmente necessaria la presentazione della dichiarazione integrativa semplice
tutte le volte in cui si intenda regolarizzare la omessa dichiarazione di
redditi annoverati tra quelli per i quali è consentita la tassazione separata
ai sensi dell’articolo 16 del TUIR.
Nel particolare caso in cui il contribuente abbia già assoggettato ad imposta
sostitutiva ai sensi dell’articolo 1, comma 1 del decreto legislativo 8 ottobre
1997, n. 358 una plusvalenza derivante da cessione a titolo oneroso di azienda
posseduta da più di cinque anni, egli potrà integrare il relativo imponibile ai
sensi dell’articolo 8 della presente legge ovvero, in alternativa, avvalersi
della definizione automatica disciplinata dal successivo articolo 9.
2.5 Integrazione delle ritenute
La facoltà di avvalersi dell’integrazione prevista dall’articolo 8 della legge
in esame può essere esercitata anche dai soggetti indicati nel titolo III del
decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, obbligati ad operare
le ritenute, ivi compresi i soggetti e gli enti, indicati all’articolo 27 del
citato decreto del Presidente della Repubblica, tenuti ad effettuare le
ritenute sui dividendi.
Pertanto possono formare oggetto della dichiarazione integrativa tutte le
ritenute che tali soggetti erano obbligati ad effettuare su qualsiasi somma o
valore da essi corrisposto avente natura reddituale per il percettore, negli
anni dal 1997 al 2001, e, in caso di dichiarazione omessa, anche nel 1996.
La circolare 24 giugno 1998, n. 165, e la successiva risoluzione 9 maggio 2000,
n. 57, hanno chiarito che in caso di applicazione delle imposte sostitutive sui
redditi di capitale (quali, ad esempio, quelle previste dagli articoli 6 e 7
del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461), si rendono applicabili, ove
compatibili, le medesime disposizioni procedimentali relative alle ritenute
alla fonte. Pertanto, si ritiene che le imposte sostitutive sui redditi
finanziari devono essere integrate secondo le modalità previste per
l’integrazione delle ritenute.
2.6 Esclusioni
L’accesso alla procedura è interdetto in talune ipotesi espressamente
individuate dalla legge, qui di seguito richiamate.
2.6.1 Esclusioni derivanti dalla notifica di atti
Ai sensi del comma 10 del citato articolo 8, non possono essere oggetto
d’integrazione le dichiarazioni riguardanti periodi d’imposta in relazione ai
quali, alla data di entrata in vigore della legge, ossia entro il 1° gennaio
2003, sia stato notificato uno dei seguenti atti:
• processo verbale di constatazione con esito positivo;
• avviso di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta sul
valore aggiunto e dell’imposta regionale sulle attività produttive;
• invito al contraddittorio previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo 19
giugno 1997, n. 218, concernente disposizioni in materia di accertamento con
adesione e di conciliazione giudiziale.
I processi verbali di constatazione con esito positivo, che impediscono di
accedere alla integrazione di cui all’articolo 8, sono quelli contenenti rilievi
di natura sostanziale, definibili ai sensi dell’articolo 15 della legge
finanziaria 2003.
In tal caso la possibilità di “trattare” il verbale con le disposizioni sulla
integrazione degli imponibili è preclusa limitatamente ai rilievi contenuti
nello stesso processo verbale di constatazione.
Dall’esame comparato della norma in esame e delle disposizioni recate
dall’articolo 15 sulla definizione dei processi verbali di constatazione,
traspare la volontà del legislatore di predisporre una sorta di corsia
preferenziale per la definizione dei processi verbali di constatazione
relativamente ai quali, alla data del 1° gennaio 2003, non sia stato notificato
avviso di accertamento e, nello stesso tempo, consente di delimitare
correttamente la portata della causa ostativa in esame.
L’ambito della norma in esame resta pertanto definito per esclusione, dovendosi
ritenere che la notifica di un verbale ammesso alla definizione prevista
dall’articolo 15 è di ostacolo alla definizione prevista dall’articolo 8.
Al contrario, sarà consentito ricorrere all’integrazione degli imponibili per
gli anni pregressi in presenza di verbali con addebiti diversi da quelli che
caratterizzano i verbali richiamati all’articolo 15, non ammessi alla
definizione prevista dallo stesso articolo in quanto caratterizzati da addebiti
che non depongono direttamente per una sottrazione di materia imponibile.
Deve ritenersi peraltro che la definizione di un processo verbale di
constatazione ai sensi dell’articolo 15 non esclude la possibilità che il
contribuente interessato – ove ne ravvisi l’opportunità – si avvalga
contestualmente anche delle disposizioni agevolative di cui agli articoli 7, 8
e 9 della legge finanziaria 2003.
E’ il caso di evidenziare come la norma in esame intenda riferirsi non al
processo verbale di constatazione considerato nel suo contenuto complessivo, ma
ai singoli rilievi in esso contenuti. Ciò postula la necessità di individuare,
nell’ambito di ciascun verbale, la natura dei diversi rilievi verbalizzati al
fine di discriminare quelli definibili con la procedura dell’articolo 15 dagli
altri che, viceversa, consentono di accedere alla procedura integrativa in
esame.
L’eventuale notifica di avvisi di accertamento parziale ai sensi degli articoli
41-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e 54, quinto
comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972
rispettivamente per le imposte dirette e per l’IVA non produce effetto ostativo
all’integrazione. Tuttavia, a norma dell’articolo 8, comma 10, lett. a)
l’integrazione semplice è ammessa a condizione che si proceda alla definizione
degli avvisi di accertamento parziale notificati entro il 16 marzo 2003
mediante il pagamento, entro il 17 marzo 2003, “delle somme derivanti
dall’accertamento parziale notificato”. Si ritiene che l’importo delle predette
somme, avuto riguardo alla ratio e alle determinazioni comuni alla generalità
delle procedure definitorie e agevolative, deve riferirsi esclusivamente alle
imposte e non anche alle sanzioni ed interessi indicati nell’avviso di
accertamento oggetto di definizione.
Il pagamento delle imposte risultanti dall’avviso di accertamento parziale non è
dovuto nel caso in cui tale atto sia stato notificato in data successiva a
quella del perfezionamento – tramite pagamento delle somme dovute – della
dichiarazione integrativa ovvero delle dichiarazioni di definizione automatica
di cui agli articoli 7 e 9.
L’onere del pagamento delle imposte richieste con l’accertamento parziale non è
altresì configurabile qualora detto accertamento riguardi un periodo d’imposta
o un settore impositivo diverso da quello interessato dalla dichiarazione
integrativa. Non sussiste, ad esempio, l’onere di eseguire il pagamento delle
somme emergenti da un avviso di accertamento parziale formato ai fini IVA ai
sensi dell’articolo 54, quinto comma, del decreto del Presidente della
Repubblica 633 del 1972, se il contribuente interessato intende limitare
l’integrazione al settore delle imposte sui redditi.
Per gli stessi motivi evidenziati con riferimento alla pendenza dei processi
verbali di constatazione, si ritiene che per la definizione degli avvisi di
accertamento parziale notificati entro il 1° gennaio 2003 e non interessati da
ricorso giurisdizionale, deve necessariamente attivarsi la diversa procedura di
cui all’articolo 15 della legge finanziaria 2003, riservata alla generalità
degli avvisi di accertamento e, quindi, anche agli avvisi di accertamento
parziale. Anche in tal caso, la definizione dell’atto ai sensi dell’articolo 15
non esclude la facoltà di avvalersi contestualmente anche delle disposizioni
agevolative di cui agli articoli 7, 8 e 9.
Ovviamente il principio, secondo cui la definizione mediante la procedura
dell’articolo 15 non preclude la possibilità di avvalersi anche dell’integrazione
prevista dall’articolo 8 e delle definizioni automatiche di cui agli articoli 7
e 9, rileva non solo per gli avvisi di accertamento parziale ma per la
generalità degli avvisi di accertamento e degli inviti al contraddittorio.
2.6.2 Esclusioni derivanti dall’avvio di un procedimento penale del quale
l’interessato abbia formale conoscenza
La dichiarazione integrativa non è altresì ammissibile allorché, alla data di
presentazione della medesima dichiarazione, sia stato avviato un procedimento penale,
di cui il contribuente ha avuto formale conoscenza, per i seguenti reati
tributari previsti del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74:
• dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per
operazioni inesistenti (articolo 2),
• dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (articolo 3);
• dichiarazione infedele (articolo 4);
• omessa dichiarazione (articolo 5);
• occultamento o distruzione di documenti contabili (articolo 10),
e per i seguenti reati tributari previsti dal codice penale e dal codice
civile, quando tali reati siano stati commessi per eseguire o occultare i reati
di cui ai punti precedenti ovvero per conseguirne il profitto e siano riferiti
alla stessa pendenza o situazione tributaria:
• falsità materiale commessa dal privato (articolo 482 c.p.);
• falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (articolo 483 c.p.);
• falsità in registri e notificazioni (articolo 484 c.p.);
• falsità in scrittura privata (articolo 485 c.p.);
• uso di atto falso (articolo 489 c.p.);
• soppressione, distruzione e occultamento di atti veri (articolo 490 c.p.);
• falsità concernenti documenti informatici (articolo 491-bis c.p.);
• falsità concernenti copie autentiche che tengono luogo degli originali
mancanti (articolo 492 c.p.);
• false comunicazioni sociali (articolo 2621 c.c.);
• false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori (articolo 2622
c.c.);
• falso in prospetto (articolo 2623 c.c.).
Ai fini dell’esclusione dall’accesso alla procedura di definizione, occorre che
i reati diversi da quelli tributari siano rispetto a questi ultimi in rapporto
di strumentalità, ossia che la loro Commissione sia stata necessaria per
eseguire o occultare quelli tributari, ovvero per conseguirne il profitto.
Si tratta in sostanza di quella particolare ipotesi di concorso di reati
costituita dai c.d. “reati connessi”, cioè tra loro collegati da “connessione
teleologica” (quando un reato – mezzo è commesso allo scopo di eseguire un
reato – fine) o da “connessione consequenziale” (allorché un reato viene
commesso per conseguire il profitto di un altro reato o per occultarlo). I
reati connessi devono inoltre riferirsi “alla stessa pendenza o situazione
tributaria”.
La norma preclude l’accesso all’integrazione semplice qualora, alla data di
presentazione della dichiarazione integrativa, in relazione ai reati sopra
elencati sia stato già avviato un procedimento penale del quale il contribuente
interessato abbia avuto formale conoscenza.
In proposito, si ricorda che l’avvio del procedimento penale si ha formalmente
con l’iscrizione nell’apposito registro, da parte del pubblico ministero, della
notizia del reato e del nome della persona alla quale il reato è attribuito
(articolo 335 c.p.p.).
Si ritiene che la preclusione in esame operi con esclusivo riguardo ai periodi
d’imposta ai quali si riferiscono i procedimenti medesimi.
Tale disposizione, benché contemplata nel corpo delle norme disciplinanti la
definizione automatica (cfr. articolo 9, comma 15), si ritiene, sulla base di
una interpretazione conforme alla ratio della norma, che possa trovare
applicazione anche con riferimento alla dichiarazione integrativa.
L’esclusione in argomento opera dunque al verificarsi di entrambe le condizioni
specificate dall’articolo 8, comma 10, lett. b):
• avvio del procedimento penale;
• formale conoscenza del procedimento in corso da parte del contribuente.
Qualora tali condizioni si verifichino dopo la data di presentazione della
dichiarazione integrativa, la stessa è da ritenersi legittimamente presentata e
produttiva, quindi, degli effetti previsti dalla norma.
Parimenti, è possibile presentare legittimamente la dichiarazione integrativa
allorché, pur essendo avviato il procedimento penale, il contribuente, alla
data di presentazione della dichiarazione integrativa, non abbia avuto ancora
formale conoscenza del procedimento penale in corso nei suoi confronti per gli
illeciti in precedenza evidenziati.
Come specificato con circolare 3 maggio 2002, n. 37, la formale conoscenza del
procedimento penale in corso si realizza normalmente alla data di notifica
dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, ai sensi di quanto
disposto dall’articolo 415-bis del codice di procedura penale. Considerato
tuttavia che in alcuni casi l’indagato può venire a conoscenza formale
dell’avvio del procedimento penale prima del termine cui si riferisce il citato
articolo 415-bis (ad esempio, perché riceve un’informazione di garanzia ovvero
un atto di sequestro o di perquisizione a suo carico), deve ritenersi che la conoscenza
formale si realizza alla data di notifica di qualsiasi atto da cui
espressamente risulti la qualità di indagato.
2.7 Modalità e termini di presentazione delle dichiarazioni integrative
Le dichiarazioni integrative, redatte su modelli conformi a quelli approvati
con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, in corso di
emanazione, devono essere presentate entro il 16 marzo 2003 (considerato che il
16 marzo cade di domenica, il termine deve intendersi prorogato a lunedì 17
marzo 2003, in via telematica direttamente, avvalendosi degli intermediari
abilitati di cui all’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22
luglio 1998, n. 322 e successive modificazioni oppure ricorrendo all’assistenza
degli Uffici locali dell’Agenzia delle Entrate. Le dichiarazioni relative ai
periodi di imposta 1996 e 1997 possono essere presentate anche su supporto
cartaceo.
Per motivi connessi con la speditezza e la regolarità della gestione, l’Agenzia
delle Entrate suggerisce tuttavia l’opportunità di avvalersi, anche per dette
annualità, della trasmissione delle dichiarazioni per via telematica.
In deroga al principio generale stabilito dall'articolo 2, comma 7, del decreto
del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, non è consentita la
presentazione di dichiarazioni integrative entro i novanta giorni successivi al
termine di scadenza.
Ciascun contribuente che intenda integrare anche più periodi d’imposta,
presenta, in riferimento alla propria situazione tributaria, una sola
dichiarazione integrativa, sia pure con distinta esposizione dei dati relativi
a ciascun periodo d'imposta cui la dichiarazione si riferisce. Nei casi espressamente
previsti dalla legge, determinati soggetti (eredi, società incorporanti o
risultanti dalla fusione, dalla trasformazione, ecc.) sono ammessi a presentare
più dichiarazioni integrative, partitamente riferite alla propria posizione
tributaria e a quella di un soggetto diverso.
2.7.1 Presentazione telematica diretta
I soggetti che predispongono la propria dichiarazione integrativa possono
scegliere di trasmetterla in via telematica direttamente, senza avvalersi di un
intermediario abilitato, con le medesime modalità previste per la presentazione
della dichiarazione annuale.
La prova dell’avvenuta presentazione della dichiarazione è data dalla
comunicazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate che attesta l’avvenuta
presentazione.
2.7.2 Presentazione telematica tramite intermediari
Gli intermediari abilitati di cui all’articolo 3, comma 3, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 322 del 1998 sono tenuti a trasmettere
all’Agenzia delle Entrate in via telematica sia le dichiarazioni integrative da
loro stessi predisposte sia quelle compilate dai contribuenti per le quali
assumono l’incarico di presentarle in via telematica.
A tal riguardo si rammenta che gli intermediari abilitati all’invio telematico
delle dichiarazioni sono elencati nel citato articolo 3, comma 3.
Sono altresì obbligati alla presentazione telematica delle dichiarazioni da
loro predisposte gli studi professionali e le società di servizi in cui almeno
la metà degli associati o più della metà del capitale sociale sia posseduto da
soggetti iscritti in alcuni albi, collegi o ruoli, come specificati dal decreto
dirigenziale 18 febbraio 1999. Gli adempimenti degli intermediari abilitati
connessi con la presentazione della dichiarazione integrativa sono gli stessi
previsti per la presentazione della dichiarazione ordinaria. Per una puntuale
ricognizione di tali adempimenti si rinvia alle istruzioni per la trasmissione
dei modelli di dichiarazione annuale.
Per quanto riguarda la tempestività delle dichiarazioni presentate in via telematica,
si considerano tempestive le dichiarazioni integrative trasmesse entro i
termini stabiliti dagli articoli 8 e 9 della legge finanziaria 2003, ma
scartate dal servizio telematico, purché ritrasmesse entro i cinque giorni
lavorativi successivi alla data contenuta nella comunicazione dell’Agenzia
delle Entrate che attesta il motivo dello scarto (in tal senso v. circolare n.
195 del 24 settembre 1999).
Per la trasmissione telematica delle dichiarazioni integrative dei soggetti
appartenenti a gruppi, e per qualsiasi altra indicazione alla presentazione
delle dichiarazioni in via telematica, si fa rinvio alle istruzioni per la
trasmissione dei modelli di dichiarazione annuale.
2.7.3 Presentazione su supporto cartaceo
I contribuenti che intendano presentare dichiarazione integrativa su supporto
cartaceo, facoltà – questa - consentita solo per i periodi d’imposta 1996 e
1997, debbono spedire tale dichiarazione al centro operativo di Venezia
dell’Agenzia delle Entrate, mediante raccomandata. In tal caso dette dichiarazioni
integrative si considerano presentate nel giorno in cui le stesse sono
consegnate all’Ufficio postale e la prova della loro presentazione è data dalla
ricevuta della raccomandata; nessun'altra prova può essere addotta in contrasto
con le risultanze di tale documento.
Le dichiarazioni integrative devono essere sottoscritte, conformemente a quanto
disposto dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del
1998, dal soggetto interessato o da chi ne ha la rappresentanza legale o
negoziale. In caso di soggetti diversi dalle persone fisiche occorre la
sottoscrizione del rappresentante legale e, in mancanza, di chi ne ha
l'amministrazione anche di fatto, o del rappresentante negoziale nonché, in
caso di società ed enti soggetti all' imposta sul reddito delle persone
giuridiche presso cui esiste un organo di controllo, delle persone fisiche che
lo costituiscono o del presidente se si tratta di organo collegiale. La mancata
sottoscrizione da parte del contribuente o del rappresentante può essere sanata
se il contribuente provvede alla sottoscrizione entro trenta giorni dal
ricevimento dell’invito da parte del competente ufficio dell’Agenzia delle
Entrate.
2.8 Modalità di calcolo e di versamento delle imposte
Il comma 3 dell’articolo 8 prevede che l’integrazione si perfeziona con il
pagamento entro il 17 marzo 2003 dei maggiori importi dovuti in base alla
dichiarazione integrativa nonché dell’intero ammontare delle ritenute e dei
contributi.
Ai fini del calcolo delle maggiori imposte occorre far riferimento alle
disposizioni vigenti in ciascun periodo d’imposta.
In sostanza, sui maggiori imponibili devono essere calcolate le relative
imposte applicando le aliquote vigenti nei periodi d’imposta interessati
dall’integrazione.
Per le dichiarazioni integrative presentate dai sostituti d’imposta le ritenute
dovute saranno calcolate sulle somme e valori indicati in dette dichiarazioni,
applicando le aliquote vigenti nel periodo d’imposta interessato
dall’integrazione.
Ai sensi del comma 3 dell’articolo 8, sulle maggiori imposte non sono dovuti
interessi e non si applicano le sanzioni amministrative tributarie.
Occorre sottolineare, inoltre, che la norma non prevede alcuna soglia minima
d’integrazione né con riferimento all’imponibile né all’imposta.
Qualora le imposte da versare per ciascuna annualità superino
• per le persone fisiche la somma di 2000,00 euro
• per gli altri soggetti la somma di 5000,00 euro
gli importi eccedenti possono essere versati in due rate di pari importo
maggiorati degli interessi legali, calcolati a decorrere dal 17 marzo 2003.
Si ricorda, in proposito, che ai sensi del D.M. 11 dicembre 2001 la misura del
saggio degli interessi legali di cui all’articolo 1284 del codice civile è
fissata, con decorrenza dal 1° gennaio 2002, al 3 per cento annuo.
I versamenti di tali eccedenze devono essere effettuati entro le seguenti date:
• 16 marzo 2004
• 16 marzo 2005.
A maggior chiarimento si veda la seguente tabella:
Soggetti |
Importi da versare per ciascun periodo d’imposta |
Pagamento entro il 17 marzo 2003 |
Pagamento entro il 16 marzo 2004 |
Pagamento entro il 16 marzo 2005 |
Persone fisiche |
Fino a 2.000,00 euro |
Intero importo |
_____ |
_____ |
Oltre 2.000,00 euro |
2.000,00 euro |
Metà dell’importo eccedente i 2.000,00 euro + interessi |
Metà dell’importo eccedente i 2.000,00 euro + interessi |
|
Altri soggetti |
Fino a 5.000,00 euro |
Intero importo |
_____ |
_____ |
Oltre 5.000,00 euro |
5.000,00 euro |
Metà
dell’importo eccedente i 5.000,00 euro + interessi |
Metà dell’importo
eccedente 5.000,00 euro + interessi |
Resta ferma la possibilità per il contribuente di versare le somme
dovute in unica soluzione entro il 17 marzo 2003, ovvero in una o due rate
maggiorate degli interessi.
Il calcolo degli interessi sarà effettuato secondo il metodo commerciale, in
base alla formula “C x i x g / 36.000”, dove “C” è il capitale, ossia l’importo
dovuto rateizzato, “i” è il tasso di interesse legale, del 3 per cento, e “g” è
il numero di giorni decorrenti dal 17 marzo 2003 fino al giorno di pagamento
della rata, considerando ciascun mese composto da trenta giorni. A titolo
esemplificativo, si ipotizzi che una persona fisica sia tenuta, per un
determinato periodo d’imposta, a seguito di integrazione degli imponibili, al
versamento di un importo pari ad € 3.000,00. In tal caso entro il 17 marzo 2003
dovrà pagare la somma di € 2.000,00. L’eccedenza pari a € 1.000,00 potrà essere
versata in due rate di € 500,00 entro il 16 marzo 2004 ed entro il 16 marzo
2005. Questi due ultimi versamenti dovranno essere maggiorati degli interessi, a
decorrere dal 17 marzo 2003. Pertanto il debitore effettuerà il pagamento della
prima rata il 16 marzo 2004 per l’importo complessivo di € 515,00, di cui €
500,00 a titolo di capitale ed € 15 di interessi (calcolati in base alla già
citata formula “C x i x g / 36.000” ossia 500,00 x 3 x 360 / 36.000).
Analogamente, la seconda rata, se pagata il 16 marzo 2005, ammonta a € 530,00,
costituita da € 500,00 di capitale ed € 30,00 di interessi (500,00 x 3 x 720 /
36.000).
Il mancato versamento in tutto o in parte di tali eccedenze alle prescritte
scadenze non determina l’inefficacia della definizione. In caso di mancato,
tardivo o insufficiente versamento delle somme rateizzate, queste saranno
iscritte a ruolo ai sensi dell’articolo 14 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 unitamente agli interessi legali e alla
sanzione amministrativa dovuta nella misura del 30 per cento delle somme non
versate.
La sanzione è ridotta alla metà (pari al 15 %) se il versamento è eseguito
entro i trenta giorni successivi alla scadenza.
Posto che la norma disciplina in modo specifico gli effetti del versamento
tardivo prevedendo – come si è detto - la riduzione della sanzione in caso di
versamento tardivo effettuato entro trenta giorni, si ritiene che nel caso di
specie non possa trovare applicazione l’istituto del ravvedimento disciplinato
dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
Le somme dovute devono essere versate mediante modello F24, utilizzando un
apposito codice tributo. A norma del comma 3 del citato articolo 8 i predetti
versamenti non possono essere compensati ai sensi dell’articolo 17 del decreto
legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Si richiama l'attenzione dei contribuenti sulla necessità, ai fini
dell'efficacia dell’integrazione richiesta, che le somme dovute in base alla
dichiarazione integrativa siano versate regolarmente “entro il 16 marzo 2003” –
come si evince dal comma 3, primo periodo dell’articolo 8 - non avendo alcuna
efficacia l’eventuale applicazione dell’istituto del ravvedimento di cui al
citato articolo 13.
Considerato inoltre che soltanto l’omesso o carente versamento delle “eccedenze”
rateizzate non determina l’inefficacia della definizione, l’integrazione non
produce effetti qualora non siano puntualmente versate le somme dovute (anche
in presenza di rateazione) entro il 17 marzo 2003.
Si evidenzia la necessità acché anche con riferimento ai redditi soggetti a
tassazione separata, le relative imposte dovute sulla base della dichiarazione
integrativa, debbono essere versate integralmente entro il 17 marzo 2003 previa
autoliquidazione da parte del contribuente; considerata la peculiarità della
procedura dichiarativa prevista dall’articolo 8 e, in particolare, della
dichiarazione riservata prevista al comma 4, non sono ammesse modalità
alternative di pagamento.
2.8.1 Contenuto delle dichiarazioni integrative
L’articolo 8, comma 3, prescrive che “la dichiarazione integrativa non
costituisce titolo per il rimborso di ritenute, acconti e crediti d’imposta
precedentemente non dichiarati, né per il riconoscimento di esenzioni o
agevolazioni non richieste in precedenza, ovvero di detrazioni d’imposta
diverse da quelle originariamente dichiarate”.
In particolare, la norma dispone che la dichiarazione integrativa non consente
di ottenere il rimborso di ritenute, acconti e crediti di imposta non indicati
nelle dichiarazioni originarie.
Prevede, inoltre, che le detrazioni d’imposta diverse da quelle originariamente
dichiarate non possono essere riconosciute.
La dichiarazione integrativa, infine, non può costituire titolo per il
riconoscimento di esenzioni o agevolazioni non richieste nelle dichiarazioni a
suo tempo prodotte. Ciò in quanto, come già precisato nella circolare n. 12 del
1992, le dichiarazioni integrative sono finalizzate esclusivamente ad integrare
gli imponibili relativi ai singoli periodi d’imposta e non possono quindi
offrire occasione per conseguire altri scopi perseguibili mediante formalità a
suo tempo non espletate. Conseguentemente, la richiesta, ad esempio,
evidenziata in dichiarazione integrativa di ridurre l'aliquota IRPEG, non
produce alcun effetto e deve ritenersi come non effettuata.
Alla luce della richiamata disposizione è, invece, consentito, attraverso la
dichiarazione integrativa, far valere detrazioni maggiori, non scomputate
interamente in precedenza, purché non diverse da quelle indicate nella
dichiarazione originaria.
E’ possibile, inoltre, detrarre dall’imposta scaturente dalla dichiarazione
integrativa le ritenute, gli acconti e i crediti d’imposta non dichiarati in
precedenza, nei limiti della predetta imposta, non rilevando l’eventuale
credito emergente.
La ratio della norma appena richiamata e, in modo particolare, il divieto di
compensare le imposte dovute in base alla dichiarazione integrativa, enunciato
al comma 3 dell’articolo 8, inducono a ritenere che i crediti d’imposta “precedentemente
non dichiarati”, che possono trovare ingresso nella dichiarazione integrativa
e, di riflesso, nel computo delle imposte dovute in base alla medesima, sono
soltanto quelli correlati ai maggiori imponibili riferiti al periodo d’imposta
oggetto di integrazione, il cui riconoscimento sia normalmente subordinato alla
dichiarazione e alla conseguente tassazione del reddito cui essi si
riferiscono. Deve ritenersi esclusa pertanto la possibilità di ridurre le
imposte dovute in base alla dichiarazione integrativa, che – è opportuno
ribadire – non possono essere compensate ai sensi dell’articolo 17 del decreto
legislativo n. 241 del 1997, utilizzando crediti d’imposta riconosciuti sulla
base di presupposti non direttamente correlati ai maggiori imponibili e ai
periodi d’imposta oggetto di integrazione.
Per i motivi appena rappresentati, non è consentito, ad esempio, detrarre dalla
maggiore imposta dovuta in base alla dichiarazione integrativa i crediti
d’imposta per i datori di lavoro di cui all’articolo 7 della legge n. 388 del
2000 e i crediti d’imposta per i soggetti che effettuano nuovi investimenti
nelle aree svantaggiate di cui all’articolo 8 della legge n. 388 del 2000.
Possono essere utilizzati, invece, nella dichiarazione integrativa in cui siano
indicati i redditi corrispondenti - sia pure nei limiti della maggiore imposta
dichiarata - i crediti di imposta precedentemente non dichiarati per utili distribuiti
da società ed enti, di cui all'articolo 14 del TUIR.
Posto che il comma 5 dell’articolo 8 prevede che per i redditi e gli imponibili
conseguiti all’estero è dovuta un’imposta sostitutiva di quelle indicate nel
comma 1, pari al 13 per cento, ne consegue l’impossibilità di operare la
detrazione dei crediti di imposta per i redditi prodotti all'estero, di cui
all'articolo 15 del TUIR, ancorché precedentemente non richiesti.
L’assoggettamento a tassazione sostitutiva di detti redditi rende, infatti, inattuabile
il meccanismo di calcolo previsto dal citato articolo 15, ossia il rapporto tra
i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al lordo delle perdite
di precedenti periodi d’imposta ammessi in diminuzione. Analogamente, lo stesso
articolo 16-bis del TUIR prevede che i redditi di capitale di fonte estera, cui
sia applicata l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 2, commi 1-bis e 1-ter
del decreto legislativo 1 aprile 1996, n. 239, non possono avvalersi del
credito d’imposta previsto per i redditi prodotti all’estero.
E’ opportuno evidenziare che in sede di compilazione delle dichiarazioni
integrative i contribuenti, nell'indicare un maggior reddito o una maggiore
imposta rispetto a quelli evidenziati nella dichiarazione originaria, possono
tener conto che, ai fini dell'applicazione delle disposizioni contenute
nell’articolo 8 in commento, si considerano indicati nella dichiarazione
originaria i redditi, le perdite, le imposte lorde e le addizionali esposti
nelle dichiarazioni integrative eventualmente presentate ai sensi dell’articolo
13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 e dell’articolo 2, comma 8, del
decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998.
La norma, infine, specifica che la differenza tra l’importo del maggior credito
risultante dalla dichiarazione originaria e quello del minor credito emergente
dalla dichiarazione integrativa è versata secondo le ordinarie modalità
indicate dallo stesso articolo 8.
Con una disposizione di chiusura è poi sancita l’indeducibilità delle imposte e
dei contributi versati a seguito della richiesta integrazione.
2.9 Dichiarazione integrativa riservata
Il comma 4 dell’articolo 8 prevede che, in alternativa alle modalità di
presentazione della dichiarazione integrativa e di versamento delle somme
dovute, prima illustrate, i contribuenti possono presentare la dichiarazione
integrativa semplice in forma riservata ai soggetti convenzionati di cui
all’articolo 19 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (banche, Poste Italiane
S.p.A. e concessionari), utilizzando lo stesso modello previsto per la
dichiarazione presentata in modo ordinario.
Questi ultimi sono tenuti:
• a rilasciare copia della dichiarazione integrativa ai contribuenti
interessati comprovante l’avvenuta presentazione;
• a versare le maggiori somme dovute entro il 21 marzo 2003, senza possibilità
di effettuare – anche in questo caso - le compensazioni di cui all’articolo 17
del citato decreto legislativo n. 241 del 1997;
• a comunicare all’Agenzia delle Entrate l’ammontare complessivo delle somme
versate senza indicazione dei nominativi dei contraenti che hanno presentato la
dichiarazione integrativa semplice.
I contribuenti sono tenuti a conservare la dichiarazione.
Per il pagamento delle somme dovute in base alle dichiarazioni integrative non è
ammesso il pagamento rateale di cui al comma 3. Pertanto i soggetti
convenzionati dovranno provvedere ad effettuare il pagamento in unica
soluzione.
Sono esclusi, da questa particolare procedura, i soggetti che hanno omesso di
presentare le dichiarazioni relativamente a tutti i periodi d’imposta
interessati dall’integrazione.
2.10 Regolarizzazione dei redditi e degli imponibili conseguiti all’estero
Il comma 5 dell’articolo 8 prevede, ai fini della regolarizzazione dei redditi
e degli imponibili conseguiti all’estero, l’obbligo del pagamento di un’imposta
sostitutiva delle imposte richiamate nel comma 1 (imposte sui redditi e
relative addizionali, imposte sostitutive, imposta sul patrimoniale sulle
imprese, IVA, IRAP, contributi previdenziali e contributi al SSN) dovuta nella
misura del 13 per cento.
Al riguardo, si fa presente che si considerano conseguiti all’estero i redditi,
imponibili in Italia, derivanti da attività detenute all’estero e, in ogni
caso, i redditi di qualsiasi fonte attraverso i quali, con qualunque modalità,
anche tramite soggetti non residenti o loro strutture interposte, sono state
costituite attività o realizzati investimenti all’estero.
Per la dichiarazione dei predetti redditi ed il versamento della relativa
imposta sostitutiva, la norma in commento fa rinvio alle disposizioni contenute
nei commi 3 e 4. Pertanto, l’integrazione si perfeziona con il pagamento
dell’imposta sostitutiva del 13 per cento entro il 17 marzo 2003 e, qualora
l’importo dovuto sia eccedente gli importi indicati nel citato comma 3, si
rende applicabile la rateazione del versamento dell’eccedenza, ad eccezione
dell’ipotesi in cui la dichiarazione integrativa sia presentata in forma
riservata secondo le modalità previste dal successivo comma 4; in quest’ultimo caso
è esclusa la rateazione e le imposte devono essere versate integralmente dagli
intermediari abilitati entro il 21 marzo 2003.
Il perfezionamento della procedura concernente la dichiarazione dei redditi
conseguiti all’estero di cui all’articolo 8, comma 5, comporta, tra l’altro,
l’estinzione delle sanzioni previste dalle disposizioni sul cosiddetto
“monitoraggio fiscale” di cui al decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, soltanto ove
ricorrano le ipotesi di cui all’articolo 14, comma 4.
In sostanza, la dichiarazione o l’integrazione dei redditi e degli imponibili
conseguiti all’estero e il pagamento dell’imposta sostitutiva del 13 per cento
consente l’estinzione delle sanzioni relative al monitoraggio fiscale a
condizione che il contribuente proceda alla regolarizzazione contabile delle
attività detenute all’estero alla data del 31 dicembre 2001. Come sarà meglio
specificato nel paragrafo riservato alle regolarizzazioni contabili, la regolarizzazione
in esame ha per oggetto le attività detenute all’estero cui si riferiscono i
redditi e gli imponibili oggetto di integrazione. Infatti, le attività in
precedenza omesse, nel momento in cui vengono regolarizzate, sono iscritte per
la prima volta nel bilancio o rendiconto dell’imprenditore e, nel rispetto dei
principi civilistici di redazione del bilancio, tale iscrizione comporta
l’emersione di una corrispondente componente positiva di reddito costituita da
una sopravvenienza attiva di pari importo.
Pertanto, i redditi e gli imponibili conseguiti all’estero e correlati alle
attività detenute all’estero al 31 dicembre 2001, che possono costituire
oggetto di integrazione ai sensi dell’articolo 8, comma 5, sono costituiti
dall’intero importo della sopravvenienza attiva che emerge nel bilancio o nel
rendiconto in sede di regolarizzazione ai sensi dell’articolo 14, comma 4, se
tale importo è di ammontare pari o superiore rispetto agli imponibili
riferibili alla predetta attività sottratti ad imposizione nei periodi
definibili; inoltre, coerentemente con le finalità della norma, si ritiene che
detta modalità (iscrizione della sopravvenienza e definizione del reddito in
misura corrispondente) si renda applicabile anche per fare emergere attività
costituite all’estero in periodi di imposta che non possono essere più
accertati da parte degli Uffici per intervenuta decadenza. Nel caso in cui,
invece, gli imponibili conseguiti in periodi di imposta definibili fossero di
ammontare superiore al valore dell’attività emersa alla quale essi si
riferiscono, l’imprenditore potrà definire gli imponibili omessi ed iscrivere
in bilancio o nel rendiconto il valore di detta attività.
A titolo esemplificativo:
1. un soggetto titolare di reddito d’impresa che detiene un’attività all’estero
di valore pari a euro 20.000, costituita anche mediante un reddito di euro
1.000 conseguito nel 2001 e derivante dall’impiego delle attività stesse,
qualora intenda avvalersi del beneficio della estinzione delle sanzioni
previste dal decreto-legge n. 167 del 1990 nonché degli altri effetti di cui al
successivo comma 7 dell’articolo 8, rilevanti ai fini penali e dell’azione
accertatrice, dovrà indicare nella dichiarazione integrativa l’intero ammontare
della sopravvenienza attiva emersa (comprensiva del reddito non dichiarato) e
cioè un importo pari a euro 20.000, corrispondere la relativa imposta
sostitutiva del 13 per cento e, nel contempo, effettuare la regolarizzazione
contabile delle corrispondenti attività (20.000). Da tale regolarizzazione
contabile consegue il riconoscimento fiscale delle predette attività, ai fini
delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dal terzo periodo di imposta
successivo a quello chiuso o in corso al 31 dicembre 2002;
2. invece, un soggetto non titolare di reddito d’impresa che detiene all’estero
un’attività finanziaria di valore pari a euro 20.000 dalla quale sia derivato
un reddito di capitale pari a euro 1.000, se intende avvalersi della procedura
prevista dall’articolo 8 deve presentare la dichiarazione integrativa per un
importo pari a euro 1.000 e corrispondere la relativa imposta sostitutiva del
13 per cento. Tuttavia, trattandosi di un soggetto non tenuto alla redazione
delle scritture contabili, per potersi avvalere della non applicabilità delle sanzioni
sul monitoraggio fiscale, potrà far emergere l’attività finanziaria detenuta
all’estero avvalendosi esclusivamente delle disposizioni relative allo scudo
fiscale di cui all’articolo 20, ricorrendo le condizioni ivi previste. Si
ricorda che, in tal caso, e cioè nel caso in cui il contribuente intenda
avvalersi delle disposizioni dell’articolo 20, i redditi derivanti dalle
attività regolarizzate percepiti dal 27 settembre 2001 fino al 31 dicembre 2001
possono essere indicati nella dichiarazione integrativa relativa al periodo
d’imposta 2001, effettuando il pagamento dei tributi e contributi di legge, con
le aliquote previste per il 2001, aumentato degli interessi legali moratori.
Qualora il contribuente abbia effettuato il rimpatrio delle attività, i relativi
redditi percepiti dal 1° agosto 2001 fino alla data dell’effettivo rimpatrio
possono essere determinati e sottoposti ad imposizione a norma dell’articolo
14, comma 8, del decreto-legge n. 350 del 2001 ovvero, per i medesimi redditi,
con le modalità presuntive previste dal comma 2-bis dell’articolo 1 del
decreto-legge n. 12 del 2002.
Come già anticipato, la contestuale regolarizzazione delle scritture contabili
nei modi appena evidenziati è configurata dalla norma come condizione
necessaria affinché la integrazione avente ad oggetto redditi di fonte estera
possa conseguire i seguenti effetti:
• estinzione delle sanzioni sul monitoraggio fiscale di cui al decreto-legge n.
167 del 1990 (articolo 8, comma 6, lett. b);
• esclusione della punibilità per i reati di cui alle lettere c e d del comma 6
(articolo 8, comma 7).
E’ opportuno, altresì, evidenziare che per i redditi in questione non è
possibile avvalersi della definizione automatica per gli anni pregressi
disciplinata dall’articolo 9.
2.11 Effetti della dichiarazione integrativa semplice
Dal perfezionamento della dichiarazione integrativa deriva una consistente limitazione
del potere di accertamento dei tributi e dei contributi nonché l’estinzione
delle sanzioni amministrative tributarie e previdenziali e l’esclusione della
punibilità per alcuni reati tributari e comuni.
Poiché attraverso l’istituto in esame vengono portati a tassazione imponibili
maggiori rispetto a quelli originariamente dichiarati, i benefici connessi alla
dichiarazione integrativa operano entro determinati limiti quantitativi e
temporali.
In particolare, il comma 6 dell’articolo 8 dispone che il perfezionamento della
procedura di integrazione “comporta, limitatamente alle annualità oggetto di
integrazione ai sensi del comma 3 e del comma 4 e ai maggiori imponibili ovvero
alle maggiori ritenute risultanti dalle dichiarazioni integrative aumentati,
rispettivamente, del 100 e del 50 per cento per ciascun periodo d’imposta” gli
effetti di seguito indicati.
2.11.1 Preclusione dell’accertamento
In conseguenza del perfezionamento della procedura in esame, il potere di accertamento
nei confronti del contribuente viene subordinato al ricorrere di precise
condizioni. Il citato comma 6 dell’articolo 8 stabilisce che per ciascuna
imposta e per ciascun periodo d’imposta l’azione accertatrice può essere
promossa solo quando il maggior reddito imponibile accertabile superi quello
derivante dal cumulo tra il reddito originariamente dichiarato ed il maggior
imponibile risultante dalla dichiarazione integrativa, aumentato quest’ultimo
di una “franchigia” pari al 100 per cento per ciascun periodo d’imposta.
Per maggior comprensione della disposizione in esame, si ipotizzi la situazione
seguente:
• reddito imponibile esposto nella dichiarazione originaria € 150.000,00
• reddito imponibile esposto nella dichiarazione integrativa € 50.000,00
L’ufficio può procedere ad accertamento solo nell’ipotesi in cui, in base agli
elementi in suo possesso, può determinare un reddito imponibile superiore
all’importo di € 250.000,00, pari alla somma dei redditi imponibili dichiarati
e integrati dal contribuente (150.000,00 + 50.000,00) maggiorati della
franchigia pari € 50.000,00 (100% dell’imponibile integrato di € 50.000,00).
Lo stesso articolo 8, comma 6, prevede che per i sostituti d’imposta la
franchigia è del 50 per cento delle maggiore ritenute indicate nella
dichiarazione integrativa semplice. Ai sensi del comma 7 la franchigia non
opera per i redditi e gli imponibili all’estero oggetto d’integrazione a norma
del precedente comma 5.
2.11.2 Estinzione delle sanzioni amministrative tributarie e previdenziali
A favore dei contribuenti che accedono alla procedura della dichiarazione
integrativa è prevista, in relazione ai maggiori redditi integrati aumentati
della franchigia, per ciascuna imposta integrata e per ciascun periodo
d’imposta, l’estinzione delle sanzioni amministrative tributarie e
previdenziali.
L’estinzione opera sia con riguardo alle sanzioni principali sia a quelle
accessorie.
Inoltre, qualora il contribuente provveda alla integrazione dei redditi e degli
imponibili conseguiti all’estero ai sensi del comma 5 dell’articolo 8, nonché
alla regolarizzazione contabile delle attività detenute all’estero ai sensi
dell’articolo 14, comma 4, non si applicano le sanzioni previste dalle
disposizioni riguardanti il monitoraggio fiscale di cui al decreto legge 28
giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990,
n. 227.
2.11.3 Esclusione della punibilità
L’integrazione degli imponibili comporta l’esclusione, ad ogni effetto, della
punibilità per tutte le fattispecie di reato specificamente individuate al
punto 2.6.2, al quale si rinvia.
Si puntualizza che l’esclusione della punibilità per i reati previsti dal
codice penale e dal codice civile opera soltanto quando detti reati siano stati
commessi per eseguire od occultare i reati tributari ovvero per conseguirne il
profitto.
I reati connessi devono riferirsi “alla stessa pendenza o situazione
tributaria”. Così, ad esempio, il perfezionamento della dichiarazione
integrativa costituisce causa di non punibilità per i reati di falso da cui sia
derivata una dichiarazione fraudolenta o infedele.
L’articolo 8, comma 6, lett. d), ultimo periodo prevede inoltre che “L’esclusione
di cui alla presente lettera non si applica ai procedimenti in corso”,
relativamente ai reati di cui agli articoli 482, 483, 484, 485, 489, 490,
491-bis, 492 del c.p. e agli articoli 2621, 2622 e 2623 del codice civile.
Ai sensi del comma 7, per i redditi e gli imponibili conseguiti all’estero,
l’esclusione della punibilità per i reati tributari e comuni sopra individuati
opera, nel caso ricorra l’ipotesi di cui al successivo articolo 14, comma 4, a
condizione che si provveda alla regolarizzazione contabile delle attività
detenute all’estero secondo le modalità ivi previste.
Coerentemente con le previsioni di esclusione della punibilità prima
richiamate, al comma 12 dell’articolo 8 si afferma che la presentazione delle
dichiarazioni integrative non determina a carico dei funzionari dell’Agenzia
l’obbligo o la facoltà di elevare denuncia all’autorità giudiziaria a norma
dell’articolo 331 del codice di procedura penale. Al medesimo comma si precisa
inoltre che “l’integrazione effettuata ai sensi del presente articolo non
costituisce notizia di reato”.
2.11.4 Interposizione di persone
Gli effetti della presentazione delle dichiarazioni integrative sopra
evidenziati, in particolare quelli previsti dai commi 6 e 7 dell’articolo 8, si
applicano ai sensi del comma 8 del medesimo articolo non solo al soggetto
dichiarante ma anche ai soggetti diversi da questi se considerati possessori
effettivi dei maggiori imponibili.
Tale disposizione trova applicazione, in particolare, in caso di interposizione
fittizia di persona. Si rammenta a tal proposito che l’articolo 37, commi 3 e
4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 consente agli
uffici, in sede di rettifica o accertamento, di imputare al contribuente i
redditi di cui altri appaiono titolari, quando viene dimostrato, anche in base
a presunzioni gravi, precise e concordanti, che lo stesso è l’effettivo
possessore per interposta persona. In tali ipotesi, i soggetti interposti, che
abbiano pagato le imposte poi attribuite all’effettivo titolare dei redditi,
possono chiedere il rimborso, che potrà essere effettuato solo quando
l’accertamento eseguito nei confronti del reale titolare dei redditi si è reso
definitivo e per l’importo non superiore all’imposta effettivamente riscossa
dall’ufficio finanziario a seguito dell’accertamento.
L'articolo 8, comma 8, dispone, con riguardo alla fattispecie in esame, che
qualora il reddito oggetto di integrazione venga attribuito ad un soggetto
diverso da quello che ha presentato la dichiarazione integrativa, gli effetti
connessi con la presentazione di tale dichiarazione integrativa si trasmettono
al possessore effettivo del reddito.
3 DEFINIZIONE AUTOMATICA PER GLI ANNI PREGRESSI
Con la presentazione della dichiarazione prevista dall’articolo 9 della legge
finanziaria 2003, i contribuenti interessati possono definire in modo
automatico tutte le imposte relative ai periodi per i quali i termini di
presentazione delle dichiarazioni sono scaduti entro il 31 ottobre 2002.
La dichiarazione per la definizione automatica è presentata con le medesime
modalità previste, per la dichiarazione integrativa, ai commi 3 e 4
dell’articolo 8. Essa, a differenza di quella integrativa prevista
dall’articolo 8 citato, non è finalizzata alla dichiarazione di maggiori imponibili
ma alla esposizione dei dati necessari per determinare le somme al cui
pagamento sono subordinati gli effetti della dichiarazione.
3.1 Contribuenti ammessi
Possono avvalersi delle disposizioni agevolative di cui all’articolo 9 gli
stessi soggetti ammessi alla integrazione prevista dall’articolo 8, fatta
eccezione per i sostituti d’imposta. Le ritenute d’acconto, infatti, non
possono costituire oggetto di definizione automatica.
Si rinvia, in proposito, alle indicazioni fornite in sede di esame dell’ambito
soggettivo di applicazione dell’articolo 8 ( paragrafo 2.1).
Particolare menzione meritano, tuttavia, le imprese o società in liquidazione; è
stato già evidenziato che se la liquidazione si protrae oltre l’esercizio in
cui ha avuto inizio, il liquidatore è tenuto a presentare la dichiarazione dei
redditi sia per la residua frazione di tale esercizio sia per ciascun
successivo periodo intermedio. Tali dichiarazioni intermedie, se la
liquidazione non supera i tre, o i cinque esercizi, valgono a liquidare le
imposte in via provvisoria, ai sensi dell’articolo 124, comma 2 del TUIR.
Trattandosi di dichiarazioni provvisorie si ritiene che le stesse, a differenza
di quelle che determinano in via definitiva l’IRPEF e l’IRPEG, non siano
suscettibili di definizione automatica.
3.2 Periodi d’imposta definibili
Per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, i periodi d’imposta
oggetto di definizione automatica, ai fini delle imposte dirette e delle altre
imposte, come evidenziato con riferimento all’integrazione degli imponibili di
cui all’articolo 8, sono quelli compresi tra il 1997 e il 2001, compreso il
periodo relativo al 1996 se la relativa dichiarazione è stata omessa.
Per l’imposta sul valore aggiunto sono definibili le annualità dal 1998 al
2001, posto che per il 1997 i termini decadenziali previsti dall’’articolo 57
del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 per la notifica
degli avvisi di rettifica e di accertamento sono scaduti il 31 dicembre 2002;
il periodo d’imposta 1997 può essere definito solo se la relativa dichiarazione
è stata omessa.
Ai sensi del comma 8 dell’articolo 9, la definizione automatica deve
interessare tutti i periodi d’imposta, ivi compresi quelli per i quali è stata
omessa la presentazione della dichiarazione. In base al principio secondo cui
la definizione automatica deve obbligatoriamente interessare, a pena di
nullità, tutti i periodi d’imposta considerati dalla legge, principio correlato
peraltro alla natura tipica di procedimenti definitori che – a differenza di
quello previsto all’articolo 8 – non consentono di tener conto delle specifiche
peculiarità della fattispecie trattata, si ritiene che debbano essere inclusi
nella richiesta di definizione automatica anche i periodi d’imposta per i quali
il contribuente era legittimato a non presentare la dichiarazione stessa,
perché ad esempio, non era stato prodotto alcun reddito. Ovviamente non
sussiste l'obbligo di includere nella definizione automatica i periodi di
imposta per i quali il contribuente, persona fisica o soggetto diverso dalla
persona fisica, non aveva la soggettività passiva tributaria (si pensi, ad
esempio, ai periodi antecedenti alla costituzione di una società o successivi
al suo scioglimento, nel caso di soggetti diversi dalle persone fisiche).
Circa i soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare, in
particolare quelli che chiudono l’esercizio oltre il 31 dicembre 2001 e per i
quali i termini di presentazione della dichiarazione scadono oltre il 31
ottobre 2002, si rinvia a quanto già illustrato nella presente circolare con
riferimento all’articolo 8 (cfr. paragrafo 2.2).
3.3 Ambito oggettivo
Le imposte oggetto di definizione automatica sono:
• l’IRPEF e le relative addizionali
• l’IRPEG
• ILOR
• le imposte sostitutive delle imposte sui redditi
• l’imposta regionale sulle attività produttive
• l’imposta sul patrimonio netto delle imprese
• l’imposta sul valore aggiunto
Per la definizione delle imposte indirette diverse dall’IVA è prevista una
autonoma disciplina, contemplata all’articolo 11.
In particolare, l’articolo 9, comma 1, prescrive che, ai fini della definizione
automatica, i contribuenti interessati debbano presentare un’apposita
dichiarazione “chiedendo, a pena di nullità, la definizione automatica per
tutte le imposte e concernente tutti i periodi d’imposta per i quali i termini
di presentazione delle relative dichiarazioni sono scaduti entro il 31 ottobre
2002”.
Per quanto riguarda le tipologie di imposte oggetto di definizione, si ritiene
che il legislatore – in conformità con quanto stabilito in occasione della
definizione prevista dalla legge n. 413 del 1991 – abbia inteso affermare
l’obbligo di includere nella definizione automatica, a pena di nullità, tutte
le imposte relative a ciascun settore impositivo. Ne consegue che per la
definizione delle imposte sui redditi e relative addizionali, nonché delle
imposte assimilate a quelle sul reddito, quali le imposta sostitutive, l’IRAP e
l’imposta sul patrimonio netto delle imprese non è obbligatorio ricomprendere
nella apposita dichiarazione anche l’imposta del valore aggiunto e, per
converso, ai fini della definizione di quest’ultima non è obbligatorio definire
anche le imposte sui redditi e quelle assimilate come sopra individuate.
Si evidenzia che l’obbligo di richiedere la definizione per tutte le imposte
relative a ciascun settore impositivo comporta, altresì, l’obbligo di versare
tutte le imposte relative a ciascun settore impositivo che risultano dalla
definizione.
Per i periodi d’imposta chiusi in perdita o in pareggio, si precisa che, a
norma del comma 7 dell’articolo 9, è dovuto “un importo almeno pari a quello
minimo di cui al comma 3, lett. b), per ciascuno dei periodi stessi.”
L’ultimo periodo del comma 1 del citato articolo 9, infine, esclude dalla
definizione automatica:
• i redditi soggetti a tassazione separata, per i quali può essere presentata
la dichiarazione integrativa semplice o richiesta l’estinzione dell’eventuale
controversia pendente;
• i redditi e imponibili conseguiti all’estero con qualunque modalità, anche
tramite soggetti non residenti o strutture interposte, per i quali a norma
dell’articolo 8, comma 5, è possibile accedere all’integrazione degli
imponibili secondo le modalità ivi indicate.
3.4 Esclusioni
L’accesso alla procedura è interdetto nelle stesse ipotesi già illustrate in
sede di commento all’articolo 8, ovvero sia in conseguenza della notifica degli
atti specificamente individuati nella lett. a) del comma 14 dell’articolo 9,
sia in relazione alla circostanza che sia “già avviato un procedimento penale …di
cui il soggetto che presenta la dichiarazione ha avuto formale conoscenza”, per
i reati tributari di cui agli articoli 2, 3 ,4, 5 e 10 del decreto legislativo
10 marzo 2000, n. 74 nonché per i reati di cui agli articoli 482, 483, 484,
485, 489, 490, 491-bis e 492 del codice penale ed agli articoli 2621, 2622 e
2623 del codice civile, quando tali reati siano stati commessi per eseguire o
occultare i predetti reati tributari, ovvero per conseguirne il profitto e
siano riferiti alla stessa pendenza o situazione tributaria.
Per tutte le considerazioni in merito a dette cause di esclusione, si rimanda a
quanto esposto ai precedenti paragrafi 2.6.1 e 2.6.2.
Si ritiene, in particolare, che anche ai fini della definizione automatica la
notifica entro il 1° gennaio 2003 di un processo verbale di constatazione,
definibile ai sensi dell’articolo 15, produce effetti preclusivi, sia pure
limitatamente all’annualità e al settore impositivo interessati dallo stesso
verbale.
L’interessato dovrà in tal caso avvalersi necessariamente della definizione di
cui al citato articolo 15, con facoltà di attivare altresì le procedure
agevolative di cui agli articoli 7, 8 e 9 della legge finanziaria 2003. Per un
approfondimento dell’argomento si fa rinvio al paragrafo 2.6.1.
Allo stesso modo, qualora al contribuente interessato alla definizione sia
stato notificato, entro il 16 marzo 2003, un avviso di accertamento parziale
formato ai sensi dell’articolo 41-bis del decreto del Presidente della
Repubblica 600 del 1973 ovvero dell’articolo 54, quinto comma, del decreto del
Presidente della Repubblica 633 del 1972, il perfezionamento della definizione
e la conseguente produzione degli effetti preclusivi previsti all’articolo 9,
comma 14, lett. a), sono subordinati al pagamento non solo delle somme dovute
in base alla dichiarazione definitoria, ma anche delle imposte evidenziate nel
predetto avviso.
Per la definizione degli avvisi di accertamento parziale notificati entro il 1°
gennaio 2003 e non interessati da ricorso giurisdizionale, deve necessariamente
attivarsi la diversa procedura di cui all’articolo 15 della legge finanziaria
2003, riservata alla generalità degli avvisi di accertamento e, quindi, anche
agli avvisi parziali.
Deve ritenersi peraltro che il ricorso alla definizione di cui all’articolo 15
non esclude la possibilità per il contribuente interessato di avvalersi
comunque della definizione automatica (o delle altre procedure agevolative
previste dagli articoli 7 e 8 della legge finanziaria 2003) con riferimento al
medesimo periodo d’imposta cui si riferisce l’avviso d’accertamento parziale.
Per converso, ove la definizione automatica di cui all’articolo 9 non venga
estesa al periodo d’imposta prima richiamato, gli effetti preclusivi della
definizione non possono riferirsi anche al periodo d’imposta oggetto
dell’accertamento parziale definito ai sensi dell’articolo 15.
Una peculiare causa ostativa alla possibilità di avvalersi della definizione
automatica, ai sensi della lett. c) del comma 14 dell’articolo in esame, è
costituita dall’omessa presentazione di tutte le dichiarazioni relative alle
imposte sui redditi e assimilate per i periodi d’imposta dal 1997 al 2001, per
il settore imposte dirette e assimilate, e dal 1998 al 2001 per l’IVA.
3.5 Modalità e termini di presentazione della dichiarazione
La definizione automatica per gli anni pregressi si perfeziona con le stesse
modalità della integrazione degli imponibili di cui all'articolo 8.
Pertanto il contribuente, al fine di beneficiare della definizione automatica per
gli anni pregressi, è tenuto a presentare, entro il 17 marzo 2003, una
dichiarazione integrativa con richiesta di definizione automatica per tutti i
periodi d’imposta e per tutte le imposte relative a ciascun settore impositivo
(imposte sui redditi e assimilate – imposta sul valore aggiunto) e a versare,
entro la stessa data, gli importi dovuti di seguito indicati.
Per le modalità di presentazione della dichiarazione si rinvia a quanto già
illustrato a commento dell’articolo 8.
Si evidenzia che, come per la dichiarazione integrativa semplice, è consentito
presentare, in alternativa, una dichiarazione in forma riservata.
3.6 Modalità di calcolo e di versamento delle imposte
Come accennato in premessa, le somme dovute in base alla definizione automatica
non sono calcolate con riferimento a maggiori imponibili, ma sulla base di
apposite regole di seguito illustrate.
Innanzitutto le disposizioni sulla determinazione delle imposte dovute variano
a secondo che si riferiscono al settore delle imposte dirette e “assimilate”
ovvero al settore dell’IVA.
Per il settore delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte
sostitutive, dell'imposta regionale sulle attività produttive, dell'imposta sul
patrimonio netto, la definizione automatica si perfeziona con il versamento per
ciascun periodo d’imposta di un importo pari al 18 per cento delle imposte
lorde e delle imposte sostitutive risultanti dalla dichiarazione
originariamente presentata.
Nel caso in cui ciascuna imposta lorda o sostitutiva, risultante dalla
dichiarazione originaria, sia di ammontare superiore a 10.000 euro,
all’eccedenza si applica la percentuale pari al 16 per cento. Inoltre,
nell’ipotesi in cui ciascuna imposta lorda o sostitutiva sia di ammontare
superiore a 20.000 euro, sull’eccedenza si applica la percentuale pari al 13
per cento.
Per l'imposta sul valore aggiunto, invece, la definizione automatica si
perfeziona con il versamento per ciascun periodo d'imposta di un importo pari
alla somma del 2 per cento dell'imposta relativa alle operazioni imponibili
effettuate nel periodo d’imposta corrispondente e del 2 per cento dell’imposta
detraibile nel medesimo periodo. Nel caso in cui l’imposta relativa alle
operazioni imponibili oppure l’imposta detraibile siano di ammontare superiore
a 200.000 euro, a ciascuna eccedenza si applica la percentuale pari all’1,5 per
cento; qualora le predette imposte siano di ammontare superiore a 300.000 euro
sulle eccedenze si applica la percentuale dell’1 per cento.
Si vedano, a maggior chiarimento, le seguenti tabelle:
Aliquote applicabili per la definizione automatica (imposte sui redditi,
addizionali, sostitutive, Irap e imposta sul patrimonio netto delle imprese)
Imposta lorda |
Aliquota |
Maggior imposta dovuta sull’ammontare massimo dello
scaglione |
Maggior imposta dovuta sui redditi intermedi compresi
negli scaglioni |
|
18 |
1.800,00 |
18% sull’intero importo |
da 10.000,00 a 20.000,00 |
16 |
3.400,00 |
1.800,00 + 16% sulla parte eccedente 10.000,00 |
oltre 20.000,00 |
13 |
---- |
3.400,00 + 13% sulla parte eccedente 20.000,00 |
Aliquote applicabili per la definizione automatica per gli anni pregressi
(Iva)
Imposta relativa alle operazioni imponibili (per
scaglioni) |
Aliquota |
Maggior imposta dovuta sull’ammontare massimo dello
scaglione |
Maggior imposta dovuta sui valori intermedi compresi negli
scaglioni |
fino a 200.000,00 |
2 |
4.000,00 |
2% sull’intero importo |
da 200.000,00 a 300.000,00 |
1,5 |
5.500,00 |
4.000,00 + 1,5% sulla parte eccedente 200.000,00 |
oltre 300.000,00 |
1 |
---- |
5.500,00 + 1% sulla parte eccedente 300.000,00 |
Imposta detraibile |
Aliquota |
Maggior imposta dovuta sull’ammontare massimo dello
scaglione |
Maggior imposta dovuta sui valori intermedi compresi
negli scaglioni |
fino a 200.000,00 |
2 |
4.000,00 |
2% sull’intero importo |
da 200.000,00 a 300.000,00 |
1,5 |
5.500,00 |
4.000,00 + 1,5% sulla parte eccedente 200.000,00 |
oltre 300.000,00 |
1 |
---- |
5.500,00 + 1% sulla parte eccedente 300.000,00 |
Qualora le somme complessivamente dovute risultino, per ciascun periodo
d’imposta, superiori a 2.000 euro per le persone fisiche o a 5.000 euro per le
società, è possibile rateizzare l’eccedenza in due rate, con l’applicazione
degli interessi legali dal 17 marzo 2003: la prima rata, entro il 16 marzo
2004; la seconda rata entro il 16 marzo 2005. In proposito si rinvia a quanto
già chiarito a commento dell’articolo 8.
Il mancato versamento di una delle due rate non incide sul perfezionamento
della definizione automatica, ma determina l’avvio del procedimento per il
recupero delle somme omesse. In tal caso si applica una sanzione amministrativa
pari al 30% delle somme non versate e gli interessi legali. Tale sanzione è
ridotta della metà qualora il versamento sia effettuato entro i 30 giorni
successivi alle predette date di scadenza. Come per il versamento delle imposte
in caso di dichiarazione integrativa semplice, non trova applicazione
l’istituto del ravvedimento di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 472
del 1997.
Per ciascuno dei periodi d’imposta interessati dalla definizione automatica
l'imposta da versare non può mai essere inferiore a determinati importi minimi,
differenziati secondo il tipo d’imposta e la tipologia di contribuente.
3.6.1 Settore imposte dirette e assimilate
In particolare, ai fini del perfezionamento della definizione automatica delle
imposte sui redditi e assimilate, le persone fisiche, le società semplici, e
generalmente tutti i soggetti titolari di redditi diversi da quelli di impresa
e da quelli derivanti dall'esercizio di arti o professioni, devono comunque
versare 100,00 euro con riferimento a ciascun periodo d'imposta.
Le persone fisiche titolari di reddito d'impresa, gli esercenti arti e
professioni, le società e le associazioni di cui all'articolo 5 del TUIR, i
soggetti di cui all'articolo 87, lett. a) e b) del medesimo testo unico, nonché
gli enti non commerciali e le società ed enti non residenti, di cui alle lett.
c) e d) del medesimo articolo 87, se titolari di reddito d’impresa o di lavoro
autonomo, devono invece versare i seguenti importi minimi, anche per i periodi
d’imposta chiusi in perdita o in pareggio:
• 450 euro, se l'ammontare dei ricavi e dei compensi non è superiore a 10.000
euro;
• 900 euro, se l'ammontare dei ricavi e dei compensi non è superiore a 100.000
euro;
• 1.200 euro, se l'ammontare dei ricavi e dei compensi non è superiore a
200.000 euro;
• 1.600 euro, se l'ammontare dei ricavi o compensi non è superiore a 500.000
euro;
• 2.000 euro, se l'ammontare dei ricavi o compensi non è superiore a 5.000.000
di euro;
• 450 euro, per ogni 500.000 euro in più.
3.6.2 Settore IVA
Ai fini dell’IVA, l'importo minimo è differenziato esclusivamente in relazione al
volume d'affari del contribuente:
• 500 euro per i soggetti con volume d’affari sino a 10 mila euro;
• 1000 euro per quelli con volume d’affari superiore a 10 mila euro ma non a
200 mila euro;
• 2000 euro per gli altri soggetti.
Nella tabella che segue sono riportati schematicamente gli importi minimi
dovuti per la definizione automatica.
Tabella dei versamenti minimi per la definizione automatica per gli anni
pregressi (imposte sui redditi, addizionali, sostitutive, Irap e imposta sul patrimonio
netto delle imprese)
TABELLA DEI MINIMI |
|
IMPORTO (in euro) |
SOGGETTI |
• 100,00 |
• persone fisiche e società semplici titolari di
redditi diversi da quelli di impresa e da quelli derivanti dall’esercizio di
arti o professioni |
• 450,00
|
• persone fisiche titolari di reddito d’impresa |
Tabella dei versamenti minimi per la definizione automatica per gli anni pregressi
(Iva)
TABELLA DEI MINIMI |
|
IMPORTO (in euro) |
SOGGETTI |
• 500,00 |
• soggetti con volume d’affari fino a 10.000,00 euro |
• 1.000,00 |
• soggetti con volume d’affari superiore a 10.000,00 euro
ma non a 200.000,00 euro |
• 2.000,00 |
• soggetti con volume d’affari superiore a 200.000,00 euro |
Tali importi minimi sono dovuti in misura fissa e non vanno ragguagliati
all’anno anche nell’ipotesi di periodo d'imposta superiore o inferiore a 12
mesi.
Si precisa che per ricavi devono intendersi quelli definiti come tali
nell’articolo 53 del TUIR.
Nell'ipotesi di contemporaneo possesso in un medesimo periodo d'imposta di
redditi d'impresa e di lavoro autonomo, per la determinazione dell’importo
minimo da versare occorre far riferimento alla somma complessiva dei ricavi e
dei compensi.
L'articolo 9, comma 4, fissa i criteri per la determinazione degli importi
minimi dovuti dai soggetti ai quali sono imputati pro quota i redditi delle
imprese familiari e delle società o associazioni di cui all'articolo 5 del
TUIR, nonché dai coniugi che gestiscono l’azienda in comunione. In particolare,
per effetto di tale disposizione, i predetti importi minimi devono essere
ripartiti proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili. Deve,
innanzi tutto, farsi riferimento all’ammontare complessivo dei ricavi o
compensi dichiarati dalla società o associazione e dall'imprenditore
individuale (titolare dell'impresa familiare o dell'azienda coniugale),
determinando, in riferimento a tale valore, l’importo minimo che sarà ripartito
tra i soci in proporzione alla propria quota di partecipazione.
In nessun caso l'importo minimo dovuto da ciascuno dei predetti soggetti può
risultare inferiore a 200 euro.
Qualora il contribuente possieda, in aggiunta ai redditi di partecipazione,
redditi derivanti dall'esercizio di arti e professioni e/o redditi di impresa
per i quali risultano applicabili importi minimi di diverso ammontare deve
essere versato quello più elevato.
Ai fini della definizione automatica, l'articolo 9, comma 7, prevede
l’irrilevanza, a qualsiasi titolo, delle eventuali perdite risultanti dalle
dichiarazioni originarie. Ne consegue che tali perdite non sono in nessun caso
computabili in diminuzione del reddito complessivo dei periodi di imposta
successivi. Si ritiene, comunque, che in caso di perdita, generata in un
periodo di imposta definito e riportata in un periodo di imposta successivo
egualmente definito, l’imposta lorda di tale ultimo periodo – sulla quale
applicare le percentuali previste dall’articolo 9, comma 2, lett. a) – non deve
essere rideterminata. A partire dal primo anno di imposta successivo all’ultimo
definibile (nella normalità dei casi il 2002) non si possono riportare le
perdite derivanti dalle annualità condonate. Come si è evidenziato, per i
periodi d’imposta chiusi in perdita o in pareggio la definizione automatica si
perfeziona mediante il versamento degli importi minimi previsti per le persone
titolari di reddito d'impresa, gli esercenti arti e professioni, le società e
le associazioni di cui all'articolo 5 del TUIR, nonché i soggetti di cui
all’articolo 87 del medesimo testo unico nella misura sopra individuata.
Il successivo comma 8 stabilisce che in caso di omessa presentazione della dichiarazione
sono dovuti, per ciascuna dichiarazione e per ciascuna annualità, i seguenti
importi:
• 1.500 euro per le persone fisiche
• 3.000 euro per le società e associazioni di cui all’articolo 5 e per gli
altri soggetti indicati nell’articolo 87 del TUIR.
Tali importi sono dovuti dal soggetto dichiarante, a nulla rilevando la
circostanza che egli intenda definire o meno entrambi i settori impositivi.
La definizione automatica non si perfeziona quando la dichiarazione sia
presentata da soggetti non ammessi oppure si fondi su dati che non
corrispondono a quelli indicati nella dichiarazione originaria. In questi casi
non è effettuato il rimborso delle somme versate. Gli importi corrisposti dal
contribuente, tuttavia, rilevano come acconto sulle somme eventualmente dovute
a seguito del futuro accertamento definitivo.
Nel caso in cui il contribuente abbia presentato, ai sensi dell’articolo 2,
comma 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, una
dichiarazione integrativa a proprio favore dopo il 30 settembre 2002, gli
effetti favorevoli della medesima si intendono rinunciati qualora egli si
avvalga della definizione automatica in esame. In coerenza con tale
disposizione all’articolo 9 comma 16, è chiarito che gli importi dovuti per la definizione
sono calcolati sulla base della dichiarazione originaria.
3.7 Effetti della definizione automatica
Il comma 10 dell’articolo 9 riconnette al perfezionamento della definizione
significativi e vantaggiosi effetti per il contribuente.
Ai sensi del comma 9 “La definizione automatica, limitatamente a ciascuna
annualità, rende definitiva la liquidazione delle imposte risultanti dalla
dichiarazione con riferimento alla spettanza di deduzioni e agevolazioni
indicate dal contribuente o all’applicabilità di esclusioni.”.
Da qui discendono due conseguenze:
• l’Amministrazione potrà procedere nei modi ordinari alla liquidazione della
dichiarazione ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del
Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, nonché dell’articolo 54-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
• le eventuali variazioni dei dati dichiarati (ad esempio, maggiori imposte
lorde) per effetto della liquidazione della dichiarazione originaria sono
irrilevanti ai fini del calcolo delle maggiori somme dovute in sede di
definizione, che dovrà pertanto essere riferita ai dati dichiarati dal
contribuente.
La definizione automatica non modifica l’importo degli eventuali crediti e
rimborsi liquidati sulla base delle dichiarazioni presentate.
L’articolo 9, comma 9, inoltre, specifica che la dichiarazione integrativa ai
fini della definizione automatica non può essere utilizzata per il rimborso di
ritenute, acconti e crediti d’imposta precedentemente non dichiarati, nè per il
riconoscimento di esenzioni, detrazioni e agevolazioni non richieste in
precedenza. Nel rinviare, al riguardo, a quanto sostenuto in precedenza, si
precisa, tuttavia, che le modalità stesse di calcolo degli importi dovuti ai
fini della definizione automatica non consentono di evidenziare, come nella
dichiarazione integrativa di cui all’articolo 8, ritenute, acconti e crediti
d’imposta prima non dichiarati.
3.7.1 Preclusione dell’accertamento
Ai sensi del comma 10, lett. a), il perfezionamento della definizione
automatica preclude all’amministrazione finanziaria, nei confronti del
dichiarante e dei soggetti coobbligati, ogni possibilità di esperire
accertamenti in rettifica o d’ufficio, limitatamente alle annualità ed ai
tributi oggetto del condono.
E’ fatta salva la possibilità di procedere ad accertamenti relativi ai redditi
soggetti a tassazione separata, salvo che riguardo ad essi il contribuente,
avendone la facoltà, abbia optato per la tassazione ordinaria nella
dichiarazione originaria ovvero abbia, per tali redditi, presentato
dichiarazione integrativa semplice.
3.7.2 Estinzione delle sanzioni amministrative tributarie
In secondo luogo, la successiva lettera del comma 10, prevede che la
definizione automatica determina l’estinzione delle sanzioni amministrative
tributarie, comprese quelle accessorie, relative ai periodi d’imposta oggetto
di definizione.
3.7.3 Esclusione della punibilità
Infine, sotto il profilo penale, ai sensi della lett. c) del comma in esame, la
definizione automatica, per i periodi d’imposta che ne sono oggetto,
costituisce causa di esclusione della punibilità per i reati tributari di cui
al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 e per i reati extratributari
connessi, già elencati da questa circolare in sede di commento all’articolo 8,
al punto 2.6.2, al quale si rinvia.
Da rilevare peraltro che, in relazione al disposto dell’ultima parte della
lett. c) dell’articolo 10, l’esclusione della punibilità non opera,
nell’ipotesi di procedimenti penali già in corso, sia con riguardo ai reati
tributari sia a quelli extratributari connessi.
Inoltre, per i soggetti imprenditori interessati alla regolarizzazione delle
scritture contabili a norma del comma 5 dell’articolo 14, l’esclusione della
punibilità opera solo qualora questi provvedano alla integrale regolarizzazione
contabile di tutte le attività, anche detenute all’estero, secondo le modalità
previste dall’articolo 14 medesimo. Nel caso in cui tale regolarizzazione sia
parziale, è prevista la decadenza dal beneficio.
Il perfezionamento della definizione automatica non esclude l'applicazione
delle disposizioni sul monitoraggio fiscale di cui al decreto legge 28 giugno
1990, n. 167, convertito con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227.
Tuttavia, tali disposizioni non si applicano ai soggetti interessati alla
regolarizzazione delle scritture contabili che abbiano provveduto all'integrale
regolarizzazione di tutte le attività detenute all'estero, secondo le modalità
previste dall'articolo 14. Resta ferma l’applicazione delle disposizioni sul
monitoraggio di cui al citato decreto legge n. 167 del 1990 ai menzionati
soggetti, qualora quest'ultimi abbiano provveduto alla regolarizzazione,
soltanto parziale, delle loro attività detenute all'estero.
Come già riferito al paragrafo n 2.6.2. con riferimento all’integrazione degli
imponibili, la preclusione indotta dalla formale conoscenza dell’avvio di un
procedimento riguardante i reati tributari ed extra-tributari di cui alla lett.
a) del comma 10 opera – come si legge al comma 15 – “con esclusivo riferimento
ai periodi imposta ai quali si riferiscono … i procedimenti ivi indicati”. Ne
consegue che la definizione automatica non si estende al periodo d’imposta cui
si riferiscono i fatti oggetto del procedimento penale.
3.7.4 Ulteriori effetti
Il soggetto che ha presentato la dichiarazione riservata, limitatamente ai
periodi d'imposta oggetto delle definizione automatica, può opporre agli organi
che pongano in essere nei suoi confronti e dei soggetti coobbligati, accessi,
ispezioni, verifiche o altre attività di controllo fiscale, gli effetti
preclusivi, estintivi e di esclusione della punibilità del perfezionamento
della definizione automatica, ossia la preclusione di ogni accertamento
tributario, l'estinzione delle sanzioni amministrative tributarie (comprese
quelle accessorie) e l'esclusione della punibilità per i reati sopra elencati.
3.7.5 Disposizioni in merito al sisma che ha interessato le province di
Catania, Ragusa e Siracusa nel 1990
L’articolo 9, comma 17, per i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre
1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati
ai sensi dell’articolo 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della
protezione civile del 21 dicembre 1990, destinatari dei provvedimenti
agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi e
contributi, estende la possibilità di definizione automatica, oltre che ai
periodi d’imposta sopra indicati, anche alle annualità 1990, 1991 e 1992. In
particolare, la norma, ai fini della definizione automatica di tali periodi
d’imposta, prevede l’obbligo del versamento, entro il 16 marzo 2003,
dell’intero ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale, al netto
dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, al 10 per cento.
Così, ad esempio, a fronte di un importo complessivamente iscritto a ruolo di
1.000 e di un pagamento parziale pari a 200, ai fini della definizione in esame
è dovuta la somma pari a 80, corrispondente al 10% della differenza tra 1.000 e
200.
Qualora gli importi dovuti complessivamente eccedano la somma di 5.000 euro,
l’eccedenza può essere rateizzata, mediante un massimo di otto rate semestrali
con l’applicazione degli interessi legali a decorrere dal 17 marzo 2003.
Come per i periodi d’imposta generalmente interessati dalla definizione
automatica, il mancato versamento di una delle rate semestrali non incide sul
perfezionamento della definizione automatica, ma determina l’avvio del
procedimento per il recupero delle somme omesse. In tal caso si applica una
sanzione amministrativa pari al 30% delle somme non versate e gli interessi
legali. Tale sanzione è ridotta della metà qualora il versamento sia effettuato
entro i 30 giorni successivi alle predette date di scadenza.
4 DEFINIZIONE AUTOMATICA DI REDDITI DI IMPRESA E DI LAVORO AUTONOMO PER GLI
ANNI PREGRESSI MEDIANTE AUTOLIQUIDAZIONE
Nell’ambito dei diversificati istituti di definizione previsti dalla legge
finanziaria , l’articolo 7 è esclusivamente rivolto:
• alle imprese e ai professionisti che hanno dichiarato ricavi e compensi nei
limiti di 5.184.569 euro;
• agli imprenditori agricoli esclusivamente titolari di reddito agrario ai
sensi dell’articolo 29 del testo unico delle imposte dirette, nonché alle
imprese di allevamento di cui all’articolo 78 del medesimo testo unico.
I contribuenti interessati possono singolarmente definire le annualità dal 1997
al 2001 per le quali le prescritte dichiarazioni sono state presentate entro il
31 ottobre 2002.
Si precisa al riguardo che, per espressa previsione del comma 16, i
contribuenti che successivamente al 30 settembre 2002 hanno presentato
dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 2, comma 8-bis, del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998 n.
322, possono effettuare la definizione sulla base della dichiarazione
originariamente presentata, rinunciando agli effetti favorevoli della
dichiarazione integrativa.
4.1 Periodi d’imposta definibili
L’articolo 7 prevede la possibilità di definire i redditi di impresa e di
lavoro autonomo professionale ed artistico riguardanti le annualità d’imposta
per le quali le prescritte dichiarazioni sono state presentate entro il 31
ottobre 2002.
Per gli stessi periodi d’imposta possono inoltre essere definiti i redditi di
partecipazione prodotti:
• dai soci di società di persone che producono redditi d’impresa e dagli
associati di associazioni tra professionisti che producono redditi di lavoro
autonomo;
• dai coniugi delle aziende coniugali non gestite in forma societaria;
• dai collaboratori dell’impresa familiare
sulla base della definizione dei redditi di impresa e di lavoro autonomo
perfezionata dalle società e associazioni, ovvero dai titolari delle aziende
coniugali e delle imprese familiari
Il comma 2 prevede inoltre la definizione dei redditi agrari di cui
all’articolo 29 del TUIR e dei redditi di impresa di allevamento di cui
all’articolo 78 del TUIR.
4.2 Contribuenti ammessi
Sotto il profilo soggettivo rientrano, in via generale, nell’ambito applicativo
dell’istituto, indipendentemente dalla natura giuridica e dal regime contabile
adottato, gli esercenti attività d’impresa ovvero arti e professioni; in
particolare:
4persone fisiche:
imprenditori, commercianti, artigiani,
intermediari del commercio;
professionisti iscritti in Albi e altri soggetti
titolari di reddito di lavoro autonomo artistico e professionale;
soci di società commerciali di persone ed
associati di associazioni professionali e artistiche;
coniugi delle aziende coniugali non gestite in
forma societaria;
collaboratori delle aziende familiari;
4società commerciali di persone:
società in nome collettivo;
società in accomandita semplice;
società di fatto esercenti attività commerciali,
escluse le società semplici;
4associazioni tra artisti e professionisti, comprese le società semplici costituite tra persone fisiche che hanno conseguito redditi di lavoro autonomo;
4 società di capitali
società per azioni;
società in accomandita per azioni;
società a responsabilità limitata.
Tali soggetti, potenzialmente rientranti nell’area soggettiva della norma, sono
ammessi a condizione che abbiano dichiarato ricavi o compensi entro il limite
di 5.164.569 euro, tenuto conto degli specifici criteri previsti dal comma 1
lettere a), b), c).
Sono inoltre ammessi alla definizione automatica i soggetti esclusivamente
titolari di reddito agrario e d’impresa di allevamento, rispettivamente, ai
sensi degli articoli 29 e 78 del TUIR.
4.3 Esclusioni
L’accesso alla procedura è interdetto in presenza delle fattispecie previste al
comma 3 dell’articolo 7, alcune delle quali sostanzialmente coincidenti con
quelle già esaminate in sede di commento all’articolo 8.
La definizione automatica è infatti esclusa anche in conseguenza della
notifica, alla data del 1° gennaio 2003, di uno degli atti specificamente
individuati nella lett. c) del comma 3 dell’articolo 7 (processo verbale di
constatazione con esito positivo, avviso di accertamento, invito al
contraddittorio). Peraltro, il contribuente cui sia stato notificato un avviso
di accertamento parziale ai sensi dell’articolo 41-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 o dell’articolo 54, quinto comma,
del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, può usufruire
della definizione automatica a condizione che versi, entro il 20 giugno 2003, le
somme oggetto dell’accertamento stesso, al netto delle sanzioni e degli
interessi. Anche in tal caso si ritiene che, ricorrendone i presupposti, debba
trovare applicazione la definizione prevista dall’articolo 15.
Inoltre, la preclusione opera in relazione alla circostanza che, nei confronti
del contribuente, sia stato avviato un procedimento penale di cui questi abbia
formale conoscenza, per uno qualunque dei reati tributari di cui al decreto
legislativo 10 marzo 2000, n. 74. In ordine a tale fattispecie, si ritiene che
la preclusione operi, relativamente al periodo d’imposta cui il procedimento si
riferisce, ogniqualvolta l’avvio del procedimento risulti formalmente a
conoscenza dell’interessato alla data del perfezionamento della definizione,
vale a dire alla data del pagamento effettuato ai sensi del comma 5.
Per le altre considerazioni in merito a dette cause di esclusione, si rimanda a
quanto esposto ai precedenti punti 2.6.1 e 2.6.2.
Sono altresì previste due ulteriori cause di esclusione.
La prima, di cui alla lett. a) del comma 3 in esame, nei confronti dei soggetti
che abbiano omesso di presentare la dichiarazione, ovvero l’abbiano presentata,
omettendo però di indicare il reddito di impresa o di lavoro autonomo, ovvero
il reddito agrario di cui all’articolo 29 del TUIR.
La seconda, di cui alla successiva lett. b) del comma 3, concernente i soggetti
che abbiano dichiarato ricavi o compensi superiori ad € 5.164.569,00. In
sostanza, non possono fruire della definizione in esame i contribuenti nei
confronti dei quali non è applicabile la normativa in materia di studi di
settore e di parametri.
4.4 Effetti della definizione
Il perfezionamento della definizione automatica comporta, a decorrere dal
giorno, comunque non successivo al 20 giugno 2003, in cui viene effettuato il
pagamento - totale o della prima rata - delle somme dovute, una serie di
effetti rilevanti sul piano tributario e penale.
4.4.1 Inibizione dei poteri di controllo dell’ufficio
Ai sensi del comma 11 dell’articolo 7, è inibito, per qualsiasi organo
inquirente “l’esercizio dei poteri di cui agli articoli 32, 33, 38, 39 e 40 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e successive
modificazioni, e agli articoli 51, 52, 54 e 55 del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni”.
Viene quindi impedita ogni attività istruttoria (ad esempio accessi, ispezioni,
invio di questionari) ai fini dell’accertamento; l’inibizione dell’esercizio
dei poteri è opponibile dal contribuente mediante esibizione degli attestati di
versamento e dell’atto di definizione in suo possesso.
La preclusione in esame produce i suoi effetti limitatamente ai redditi di
impresa e di lavoro autonomo e ai periodi d’imposta oggetto di definizione.
4.4.2 Esclusione dell’applicabilità delle presunzioni di cessioni e di
acquisto
La definizione rende inoltre non applicabili nei confronti del contribuente le
disposizioni, relative alle presunzioni di cessione e di acquisto, recate dal
decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 441. Anche per
questa ipotesi è previsto il potere di opposizione di cui al punto precedente.
4.4.3 Definitività della liquidazione delle imposte
Per espressa previsione del comma 12, la definizione automatica non può essere
revocata né sottoposta ad impugnazione da parte del contribuente.
La medesima neppure può essere integrata o modificata da parte dell’amministrazione.
Limitatamente a ciascuna annualità definita, ai sensi del successivo comma 13,
il perfezionamento della procedura rende definitiva la liquidazione delle
imposte sui redditi e delle relative addizionali, dell’IRAP e dell’IVA
risultanti dalla dichiarazione, relativamente alla deduzioni, alle agevolazioni
ed alle esclusioni.
Va sottolineato che con la definizione non è possibile modificare l’importo di
rimborsi e crediti eventualmente risultanti dalla dichiarazione originaria.
Restano salvi gli effetti dell’attività di controllo formale posta in essere
dagli uffici ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente
della Repubblica n. 600 del 1973.
4.4.4 Effetti extratributari
Ai sensi del comma 12 dell’articolo 7, la definizione automatica non rileva ai
fini penali ed extratributari.
Relativamente all’ambito penalistico, l’inciso in questione deve essere
interpretato in conformità a quanto chiarito con circolare 115 del 2000, vale a
dire nel senso che fermo restando l’ordinario potere dell’autorità giudiziaria,
l’adeguamento non costituisce notizia di reato ai sensi dell’articolo 331
c.p.p., né ammissione di responsabilità penale da parte del contribuente.
In tal senso si esprime anche la prima parte del comma 11 ove, nel disciplinare
le inibizioni all’esercizio di poteri istruttori, vengono fatte salve le
disposizioni del codice penale e del codice di procedura penale.
Quanto ai profili extratributari, al principio di non rilevanza fa eccezione il
comma 9 secondo cui, per il calcolo dei contributi previdenziali, la
definizione rileva nella misura del 60% per la parte eccedente il minimale
reddituale ovvero, nei casi in cui il reddito dichiarato è superiore al
minimale, del 60% della parte eccedente il dichiarato.
4.5 Criteri di definizione per l’annualità 1997
La definizione automatica dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo per tale
annualità, espressamente disciplinata dal comma 5, è effettuata esclusivamente
con il versamento di una somma pari a 300 euro.
4.6 Criteri di definizione per le annualità dal 1998 al 2001
I contribuenti interessati alla definizione dei redditi d’impresa e di lavoro
autonomo, secondo la previsione del comma 1, lettere a), b), c), dovranno
procedere all’autoliquidazione dei tributi derivanti dai maggiori ricavi o
compensi determinati sulla base dei seguenti criteri.
4.6.1 adeguamento dei ricavi o compensi in base agli studi di settore di cui
all’articolo62-bis del decreto legge n. 331 del 1993 convertito dalla legge n.
427 del 1993.
Tale adeguamento dovrà essere operato in relazione alle attività economiche
esercitate ed alle annualità per le quali risulta approvato l’apposito studio
di settore.
I maggiori ricavi o compensi di riferimento per la definizione sono
determinabili attraverso il prodotto informatico GE.RI.CO. e, in presenza di
indici di incoerenza economica, secondo appositi criteri di normalizzazione in
corso di definizione con il decreto ministeriale previsto dal comma 14.
4.6.2 adeguamento dei ricavi o compensi in base ai parametri di cui
all’articolo 3, commi da 181 a 189, della legge n. 549 del 1995.
Tale adeguamento dovrà essere operato per le attività economiche esercitate e
per le annualità in relazione alle quali non risultano approvati gli appositi
studi di settore ovvero in presenza di condizioni di inapplicabilità degli
studi approvati, non estensibili ai parametri.
I maggiori ricavi e compensi di riferimento per la definizione sono
determinabili sulla base dei parametri previsti dal DPCM 29 gennaio 1996, come
modificato dal DPCM 27 marzo 1997, utilizzando l’apposito software distribuito
dall’Amministrazione Finanziaria.
4.6.3 adeguamento dei ricavi e compensi in funzione della distribuzione dei
contribuenti per fasce di ricavi o compensi e di redditività risultanti dalle
dichiarazioni.
Tale adeguamento dovrà essere effettuato qualora non siano applicabili gli
istituti di cui alle precedenti lettere a) e b), in relazione alle specifiche
discipline.
Si precisa al riguardo, in particolare, che tale modalità di definizione dovrà
essere adottata dai soggetti che:
• si sono avvalsi del regime di determinazione forfetaria del reddito;
• esercitano attività per le quali non sono stati elaborati i parametri ovvero
gli studi di settore per le annualità oggetto di definizione automatica;
• pur esercitando, in regime di determinazione ordinaria del reddito, una delle
attività assoggettabili ai parametri e agli studi di settore, sono interessati
da cause di esclusione secondo la specifica normativa.
Anche i criteri per la determinazione dei maggiori ricavi o compensi di
riferimento per la definizione sono stabiliti con decreto ministeriale previsto
dal comma 14.
Per espressa previsione del comma 5, gli importi calcolati a titolo di maggiore
ricavo o compenso non possono essere inferiori a 600 euro per le persone
fisiche ed a 1.500 euro per gli altri soggetti, con riferimento a ciascuna
annualità oggetto di definizione.
I maggiori ricavi o compensi determinati con i suesposti criteri costituiscono,
di norma, base imponibile ai fini dell’IRPEF e relative addizionali regionali e
comunali, dell’IRPEG, dell’IRAP e dell’IVA.
Per espressa previsione del comma 14, ai fini dell’autoliquidazione delle
maggiori imposte sono applicate le aliquote ordinarie vigenti in ciascun
periodo d’imposta.
Con lo stesso decreto ministeriale previsto dal comma 14 saranno analiticamente
definiti i criteri che i contribuenti dovranno adottare per la liquidazione
delle maggiori imposte.
Si precisa che il comma 8 stabilisce l’irrilevanza a qualsiasi effetto delle
perdite risultanti dalle dichiarazioni oggetto di definizione automatica.
La suddetta disposizione assume riflessi diversi da quelli illustrati con
riferimento alla definizione automatica ai sensi dell’articolo 9.
Si deve, infatti, rilevare che l’istituto definitorio previsto dall’articolo 7
in commento è esclusivamente rivolto alla definizione dei redditi d’impresa e
di lavoro autonomo e prevede la rideterminazione del complessivo reddito
imponibile, nonché della relativa imposta lorda sulla base delle ordinarie
aliquote vigenti per ciascuna annualità oggetto di definizione.
Ne consegue, pertanto, che in presenza di perdite di esercizio ovvero a riporto
da precedenti esercizi, dedotte nella dichiarazione, i maggiori ricavi o
compensi sono aumentati delle componenti reddituali compensate dalle perdite
stesse ai fini del calcolo delle maggiori imposte dovute a titolo IRPEF e
relative addizionali, nonché IRPEG.
Per completezza d’informazione si evidenzia che lo stesso comma 8 stabilisce
l’esclusione e comunque l’inefficacia del riporto a nuovo delle perdite
d’impresa originate in un anno oggetto di definizione.
Lo stesso comma prevede l’applicazione delle sanzioni nella misura di un ottavo
del minimo sulle maggiori imposte scaturenti dal recupero delle eccedenze di
perdite riportate in esercizi per i quali la definizione automatica non è
intervenuta, senza applicazione di interessi.
Al riguardo si evidenzia che la definizione automatica si considera non
intervenuta nei seguenti casi:
• mancato perfezionamento della definizione automatica da parte del
contribuente con riferimento ad annualità interessate dall’istituto;
• esercizi successi al 2001, non rientranti nell’ambito di applicazione
dell’istituto.
4.7 Criteri di definizione da parte dei soggetti congrui e coerenti
Si precisa che specifiche modalità di definizione sono previste dal comma 6 per
i soggetti che hanno dichiarato ricavi o compensi di ammontare non inferiore a
quelli determinabili in base ai parametri ovvero agli studi di settore in
assenza di anomalie negli indici di coerenza economica.
Tali soggetti possono, infatti, effettuare la definizione automatica del
relativo reddito d’impresa e di lavoro autonomo esclusivamente con il
versamento di una somma pari a 300 euro per ciascuna annualità interessata.
4.8 Criteri per la definizione da parte delle persone fisiche titolari dei
redditi prodotti in forma associata.
Le società, associazioni ovvero i titolari dell’impresa familiare o
dell’azienda coniugale sono tenuti a comunicare l’avvenuta definizione, entro
il 20 luglio 2003, ai soci e associati, collaboratori familiari e ai coniugi
delle aziende coniugali. Questi ultimi, sulla base della comunicazione
ricevuta, possono definire i relativi redditi di partecipazione per le
annualità dal 1998 al 2001.
In tale comunicazione dovranno essere indicati per ciascuna annualità i
seguenti elementi:
• la quota di maggior reddito imponibile ai fini IRPEF;
• la quota di perdita di impresa o di lavoro autonomo risultante dalla
dichiarazione presentata;
• la data di effettuazione del versamento.
Sulla base dei suddetti elementi i contribuenti procederanno
all’autoliquidazione della maggiore imposta IRPEF e delle relative addizionali.
Qualora i contribuenti intendano definire più redditi di partecipazione ovvero
anche eventuali redditi d’impresa o di lavoro autonomo di cui siano titolari,
ovviamente l’autoliquidazione dovrà essere unitariamente effettuata in
relazione alle complessive maggiori imposte dovute.
Si precisa che, per espressa previsione del comma 10, la definizione effettuata
dai soggetti partecipati e dai titolari dell’impresa familiare o dell’azienda
coniugale costituisce titolo per l’accertamento ai sensi dell’articolo 41-bis
del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e successive
modificazioni, nei confronti dei contribuenti che non hanno definito i relativi
redditi di partecipazione.
I redditi prodotti in forma associata sono automaticamente definiti, senza
ulteriori oneri da parte di contribuenti, nei seguenti casi previsti dal comma
10:
• per il periodo d’imposta 1997 qualora i soggetti partecipati e i titolari
delle imprese familiari e delle aziende coniugali abbiano definito i redditi
d’impresa o di lavoro autonomo con il versamento dell’importo pari a 300 euro
previsto dal comma 5;
• per i periodi d’imposta 1998 – 2001 qualora gli stessi soggetti, congrui e
coerenti sulla base degli studi di settore ovvero congrui sulla base dei
parametri, abbiano definito i redditi d’impresa o di lavoro autonomo con il
versamento dell’importo pari a 300 euro previsto dal comma 6.
4.9 Criteri per la definizione da parte dei titolari di reddito agrario e di
imprese di allevamento
La definizione automatica da parte dei suddetti soggetti è disciplinata dal
comma 2 il quale, per le specifiche metodologie di calcolo, rinvia al decreto
ministeriale da emanare ai sensi del comma 14.
Tale metodologia terrà conto del volume di affari dichiarato ai fini dell’IVA.
La definizione potrà essere effettuata, per ciascuna annualità, con il
versamento degli importi stabiliti nel citato decreto ministeriale con effetti
ai fini dell’IVA e dell’IRAP.
4.10 Modalità di perfezionamento della definizione automatica
Ai sensi del comma 5, la definizione si perfeziona per ciascuna annualità con il
versamento delle complessive somme autoliquidate sulle quali non sono dovuti
gli interessi e le sanzioni.
Lo stesso comma 5 prevede che le complessive maggiori imposte relative alle
annualità oggetto di definizione - dal 1998 al 2001 - sono interamente dovute
fino all’importo di 5.000 euro per le persone fisiche e fino all’importo di
10.000 euro per gli altri soggetti.
La parte rispettivamente eccedente tali limiti è ridotta alla metà.
Per usufruire della riduzione il contribuente deve pertanto sommare tutte le
maggiori imposte per ciascuna annualità, operando quindi la riduzione a metà
della parte di imposta eccedente i limiti sopra indicati.
L’importo risultante andrà conseguentemente sommato ai 5.000 o 10.000 euro, al
fine di determinare il totale importo dovuto a titolo di maggiori imposte; tale
importo dovrà essere aumentato di una somma pari a 300 euro per ciascuna
annualità oggetto di definizione.
Si precisa, pertanto, che tale somma aggiuntiva non deve essere inclusa nel
calcolo delle complessive maggiori imposte dovute per la determinazione della
riduzione spettante.
Qualora il contribuente intenda anche definire:
• l’annualità 1997 e/o
• annualità per le quali ricorrono le condizioni previste dal comma 6 (soggetti
congrui e coerenti in base agli studi di settore, ovvero congrui in base ai
parametri)
ai fini della determinazione delle complessive somme dovute, dovrà essere
ulteriormente sommato l’importo di 300 euro per ciascuna annualità.
Per tali annualità non è ovviamente dovuto l’ulteriore aumento di 300 euro.
Per espressa previsione dello stesso comma 5, il suddetto aumento di 300 euro
non è dovuto anche dai soggetti di cui al comma 2 (imprenditori agricoli e
titolari imprese di allevamento).
L’aumento in argomento non è altresì dovuto dalle persone fisiche che
definiscono unicamente redditi di partecipazione, essendo lo stesso corrisposto
dai soggetti partecipati ovvero dai titolari dell’impresa familiare e
dell’azienda coniugale che definiscono i relativi redditi d’impresa e di lavoro
autonomo.
4.11 Termini di versamento
Ai fini del perfezionamento della definizione il versamento delle maggiori imposte
dovute, determinate con i criteri sopra indicati, dovrà essere effettuato
entro:
• il 20 giugno 2003 dai soggetti che definiscono redditi d’impresa e lavoro
autonomo, nonché dai soggetti imprenditori agricoli e dai titolari di imprese
di allevamento di cui al comma 2;
• entro il 16 settembre 2003 dalle persone fisiche che definiscono i redditi
prodotti in forma associata sulla base delle comunicazioni dei soggetti
partecipati.
Si precisa al riguardo che qualora la definizione sia anche riferita a redditi
di impresa ovvero di lavoro autonomo individuali, il contribuente dovrà
procedere, come già precisato, all’autoliquidazione unitaria delle complessive
somme dovute in relazione a tutte le tipologie di reddito oggetto di
definizione, operando il relativo versamento entro il maggiore termine del 16
settembre 2003.
Con provvedimento del direttore dell’Agenzia, ai sensi del comma 15, sono
stabilite le modalità di versamento, secondo quanto previsto dall’articolo 17
del decreto legislativo n. 241 del 1997 e successive modificazioni, esclusa in
ogni caso la compensazione ivi prevista.
Il comma 4 stabilisce che, entro lo stesso termine del 20 giugno 2003, i
contribuenti, ai fini dell’ammissibilità della definizione, devono procedere al
versamento delle somme derivanti dagli accertamenti parziali notificati entro
la predetta data, effettuati ai sensi dell’articolo 41-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 in relazione ai redditi oggetto di
definizione automatica, ovvero ai sensi dell’articolo 54, quinto e sesto comma,
del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
Si precisa al riguardo che il versamento dovrà essere riferito alle sole
maggiori imposte evidenziate in detti accertamenti.
Si ribadisce, come già illustrato, che la definizione degli avvisi di
accertamento parziale, sia pure limitatamente a quelli notificati entro il 1°
gennaio 2003 e non interessati da ricorso giurisdizionale, è consentita anche
attraverso la diversa procedura di cui all’articolo 15 della legge finanziaria
2003, riservata alla generalità degli avvisi di accertamento e, quindi, anche
agli avvisi parziali.
4.12 Rateizzazione dei versamenti
Il comma 5 prevede la possibilità per il contribuente di effettuare pagamenti
rateizzati qualora le complessive somme dovute siano superiori,
rispettivamente, all’importo di 2.000 euro per le persone fisiche e di 5.000
euro per gli altri soggetti.
Le somme eccedenti tali limiti possono essere versate in due rate, di pari
importo, entro il 20 giugno 2004 ed entro il 20 giugno 2005, maggiorate degli
interessi legali a decorrere dal 21 giugno 2003.
Per i soggetti che effettuano il versamento entro il 16 settembre 2003, gli
interessi legali decorrono dal 17 settembre 2003.
Qualora il contribuente opti per il pagamento rateizzato, ricorrendone i
presupposti, la definizione si perfeziona con il pagamento delle somme dovute,
rispettivamente, al 20 giugno ed al 16 settembre 2003.
Lo stesso comma 5 stabilisce, infatti, che l’eventuale omissione dei successivi
versamenti rateali non determina l’inefficacia della definizione automatica;
sussiste pertanto titolo per il recupero delle somme non versate alle predette
scadenze.
Il recupero, come previsto dallo stesso comma, sarà effettuato con iscrizione a
ruolo a titolo definitivo ai sensi dell’articolo 14 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 602 del 1973 e successive modificazioni.
Sulle somme non versate è dovuta la sanzione amministrativa pari al 30 per
cento delle somme stesse e gli interessi legali.
In caso di tardivo versamento entro i 30 giorni successivi alle rispettive
scadenze, la sanzione è dovuta nella misura del 15 per cento.
4.13 Comunicazione della definizione
Ai sensi del comma 15, i contribuenti devono comunicare all’amministrazione
finanziaria, entro il 31 luglio 2003, l’avvenuta definizione.
Con il provvedimento del direttore dell’Agenzia, da emanare ai sensi dello
stesso articolo 15, saranno definite le modalità tecniche per l’uso esclusivo
del sistema telematico ai fini della presentazione della suddetta comunicazione.
Si precisa che quest’ultima costituisce atto di definizione opponibile,
unitamente agli attestati di versamento, agli organi inquirenti ai sensi del
comma 11, ai fini dell’inibizione dell’esercizio dei poteri di accertamento e
verifica.
5 PROROGA DI TERMINI
L’articolo 10 dispone la proroga dei termini per l’accertamento in materia di
imposte sui redditi e dell’IVA per i contribuenti che non si sono avvalsi delle
disposizioni di cui agli articoli 7, 8 e 9 della legge finanziaria per il 2003.
In particolare, la norma prevede il differimento di un anno dei termini per
l’accertamento di cui agli articoli 43 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 600 del 1973 e 57 del decreto del Presidente della Repubblica n.
633 del 1972.
L’articolo 43 stabilisce che “gli avvisi di accertamento devono essere
notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo
a quello in cui è stata presentata la dichiarazione”.
Analogamente, l’articolo 57 per l’imposta sul valore aggiunto dispone che “gli
avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti … devono essere notificati,
a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello
in cui è stata presentata la dichiarazione”.
Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazione nulla
l’avviso di accertamento può essere notificato fino al 31 dicembre del quinto
anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere
presentata.
Si rammenta che il citato articolo 43 nell’attuale formulazione sopra riportata
è stato modificato dall’articolo 15, comma 1, lett. a) del decreto legislativo
n. 241 del 1997 e si applica alle dichiarazioni presentate a decorrere dal 1°
gennaio 1999 ossia, generalmente, alle dichiarazioni presentate per il periodo
d’imposta 1998.
Per le dichiarazioni dei redditi presentate precedentemente al 1999,
l’accertamento poteva essere effettuato entro il 31 dicembre del quinto anno
successivo alla presentazione ovvero, in caso di omissione, fino al 31 dicembre
del sesto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto
essere presentata.
Pertanto, in considerazione che le disposizioni portate dai citati articoli 7,
8 e 9 della legge finanziaria per il 2003 prevedono la definizione per gli anni
per i quali non è ancora spirato il termine decadenziale per l’accertamento, ai
fini delle imposte sui redditi è possibile fruire delle disposizioni
agevolative anche per il periodo d’imposta 1997 e 1996 in caso di omessa
presentazione della dichiarazione.
Invece, per quanto riguarda l’IVA il primo anno oggetto di definizione o
integrazione è il 1998 ovvero il 1997 in caso di omissione della dichiarazione.
Si evidenzia che l’ampliamento dei termini per l’accertamento non opera in caso
di mancata definizione agevolata ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria,
catastale, sulle successioni e donazioni e sull’incremento di valore degli
immobili, disciplinata dall’articolo 11 della legge finanziaria 2003; ciò in
quanto l’articolo 10 si riferisce esclusivamente alle agevolazioni previsti
negli articoli da 7 a 9 nel cui ambito di applicazione non rientrano le imposte
indirette sopra menzionate e ai termini per l’accertamento in materia di
imposte sui redditi ed IVA.
In merito all’integrativa di cui all’articolo 8, tenuto conto che essa può
riferirsi a singole imposte e singoli periodi d’imposta, la proroga del termine
per l’accertamento opera nei riguardi delle imposte e dei periodi d’imposta che
non sono stati oggetto di integrazione.
Per effetto di quanto disposto dall’articolo 10 in esame, dunque, nei confronti
dei soggetti che non si avvalgono di nessuna delle predette disposizioni
agevolative, i termini per l’accertamento sono prorogati di un ulteriore anno
come evidenziato nelle seguenti tabelle esplicative.
Termini di accertamento per le dichiarazioni dei redditi
Periodo d’imposta |
Anno presentazione
della dichiarazione |
Termine di
accertamento |
Termine
prorogato |
Termine di
accertamento |
Termine
prorogato |
1997 |
|
|
|
2003 |
2004 |
1998 |
1999 |
2003 |
2004 |
2004 |
2005 |
1999 |
2000 |
2004 |
2005 |
2005 |
2006 |
2000 |
2001 |
2005 |
2006 |
2006 |
2007 |
2001 |
2002 |
2006 |
2007 |
2007 |
2008 |
Termini di accertamento per le dichiarazioni IVA
Periodo d’imposta |
Anno presentazione
della dichiarazione |
Termine di
accertamento |
Termine prorogato |
Termine di
accertamento |
Termine
prorogato |
1996 |
|
|
|
2003 |
2004 |
1997 |
1998 |
2003 |
2004 |
2004 |
2005 |
1998 |
1999 |
2003 |
2004 |
2004 |
2005 |
1999 |
2000 |
2004 |
2005 |
2005 |
2006 |
2000 |
2001 |
2005 |
2006 |
2006 |
2007 |
2001 |
2002 |
2006 |
2007 |
2007 |
2008 |
6 DEFINIZIONE AGEVOLATA AI FINI DELLE IMPOSTE DI REGISTRO, IPOTECARIA,
CATASTALE SULLE SUCCESSIONI E DONAZIONI E SULL’INCREMENTO DI VALORE DEGLI
IMMOBILI
6.1 Ambito di applicazione
6.1.1 Tributi ammessi alla definizione
L’articolo 11 della legge finanziaria per il 2003 prevede la definizione
agevolata ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle
successioni e donazioni e sull’incremento di valore degli immobili. Inoltre tra
i tributi ammessi alla definizione agevolata è da ricomprendere anche l’imposta
sostitutiva dell’INVIM di cui all’articolo 11, comma 3, del DECRETO-LEGGE 28
marzo 1997, n. 79 (convertito dalla legge 28 maggio 1997, n. 140), poiché la
stessa sostituisce l’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili
nei trasferimenti per successione di diritti di proprietà e diritti reali di
godimento sugli immobili.
Il comma 1 consente al contribuente, che presenti apposita istanza entro il 16
marzo 2003, di definire, con l’aumento del 25 per cento, i valori nonché gli
incrementi di valore, dei beni, assoggettabili a procedimento di valutazione,
dichiarati negli atti ovvero nelle denunce o dichiarazioni.
Il beneficio tributario trova applicazione anche nell’ipotesi in cui nell’atto
o nella denuncia non sia indicato il corrispettivo o il valore imponibile e vi
abbia provveduto, a norma di legge, l’ufficio, il valore determinato da
quest’ultimo è da ritenere, infatti, sostitutivo di quello omesso dal
contribuente.
I rapporti tributari interessati sono quelli relativi ad atti pubblici formati
e a scritture private autenticate entro il 30 novembre 2002, a scritture
private non autenticate registrate e a dichiarazioni e denunce presentate entro
la stessa data.
Questa definizione automatica riguarda soltanto il valore dei beni (nonché
l’incremento di valore) per il quale l’ufficio può esercitare l’attività di
accertamento ed emettere, quindi, l’avviso di rettifica e di liquidazione della
maggiore imposta previsto dalle singole leggi d’imposta: Testo unico
dell’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica
26 aprile 1986, n. 131, articolo 52, comma 1; testo unico dell’imposta sulle
successioni e donazioni, approvato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n.
346, articolo 34, comma 1; testo unico delle imposte ipotecaria e catastale,
approvato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, articolo 13, comma
1; decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, articolo
20, comma 1 (INVIM).
La definizione automatica spetta anche se chiesta per alcuni dei beni, oggetto
dell’atto o della dichiarazione, assoggettabili a valutazione (ad esempio se in
una successione sono presenti diversi terreni edificabili ed un’azienda, la
definizione agevolata può essere chiesta anche per uno solo dei terreni edificabili).
6.1.2 Valori non ammessi alla definizione
Restano esclusi dalla definizione agevolata i valori dei beni non suscettibili
di accertamento da parte degli uffici impositori e, quindi, quelli determinati
con criteri automatici. Più in particolare è escluso il valore degli immobili
non ancora iscritti al catasto edilizio e urbano con attribuzione di rendita,
per i quali il contribuente abbia chiesto l’applicazione del criterio tabellare
di determinazione del valore - mediante l’utilizzo delle rendite catastali – ed
eseguito tutti gli adempimenti in applicazione dell’articolo 12 del decreto
legge 14 marzo 1988, n. 70 (convertito dalla legge 13 maggio 1988, n. 154).
Causa di tale esclusione è l’assenza del procedimento di valutazione, poiché
l’ufficio delle Entrate non esercita un potere di accertamento, ma si limita a
chiedere al contribuente la maggiore imposta dovuta a seguito della
determinazione del valore sulla base della rendita catastale attribuita
all’immobile dagli uffici del catasto.
6.1.3 Condizioni per accedere alla definizione
Condizione per accedere alla definizione agevolata è “…che non sia stato
precedentemente notificato avviso di rettifica e liquidazione della maggiore
imposta”.
Il termine “precedentemente”, utilizzato per fissare il limite per usufruire
del regime di favore, è da individuare nella data del 1° gennaio 2003 - entrata
in vigore della legge in commento (articolo 95, comma 3) – poiché nell’ipotesi
in cui l’avviso di rettifica e liquidazione sia stato notificato prima di tale
data si applica la definizione prevista dall’articolo 15 della legge
finanziaria (cfr. paragrafo 9.1). Del resto, un diverso significato del termine
“precedentemente”, che lo riferisse alla data di presentazione dell’istanza del
contribuente (entro il 16 marzo 2003), comporterebbe che gli atti per i quali
l’avviso di accertamento fosse notificato prima di quest’ultima data, ma dopo
l’entrata in vigore della legge in commento (1° gennaio 2003) sarebbero esclusi
dalla definizione agevolata stabilita dall’articolo 11, comma 1, nonché dalla
definizione degli accertamenti prevista dal successivo articolo 15, della legge
finanziaria 2003. Quest’ultima disposizione regola, tra l’altro, che tra
l’altro regola la definizione agevolata degli avvisi di accertamento notificati
prima dell’entrata in vigore della presente legge e per i quali alla stessa
data “… non sono ancora spirati i termini per la proposizione del ricorso…”.
Quest’ultima interpretazione, quindi, potrebbe ingenerare un sospetto di
incostituzionalità della norma.
Infine, con riferimento alla stessa tipologia di atti e denunce sopra
precisati, qualora, entro il 31 dicembre 2002, il contribuente abbia ricevuto
invito al contraddittorio, per il quale alla stessa data non sia ancora
intervenuta la definizione (articolo 11 del decreto legislativo 19 giugno 1997,
n. 218), si applica l’articolo 15 della legge finanziaria, poiché lo stesso
espressamente detta le regole nel caso sia stato avviato un procedimento di
accertamento con adesione (cfr. paragrafo 9.1).
6.1.4 Versamento delle maggiori imposte
Le maggiori imposte, calcolate dagli uffici delle Entrate, devono essere
versate entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di liquidazione. L’omesso
pagamento entro tale termine comporta l’inefficacia della domanda.
Questo comporta che, anche nell’ipotesi in cui il contribuente impugni l’avviso
di liquidazione, deve versare tutte le imposte richieste entro il termine
previsto, per evitare che la domanda di definizione perda di efficacia.
In considerazione che, tra le finalità delle disposizioni del capo II della
legge finanziaria del 2003, vi è quella sottesa a definire i rapporti tributari
pendenti, la definizione agevolata, conseguente al versamento dei tributi
richiesti dall’ufficio, ha efficacia nei confronti di tutti i coobbligati per i
medesimi tributi; la pretesa tributaria, quindi, deve ritenersi soddisfatta nei
confronti di tutti i coobbligati, anche quando l’istanza di condono sia stata
presentata e assolta la relativa imposta da uno solo dei coobbligati.
6.2 Adempimenti del contribuente
Il contribuente, che intende definire i valori ai sensi dell’articolo 11, deve:
• presentare apposita istanza, in carta semplice, o spedirla in plico, senza
busta, raccomandato, con avviso di ricevimento, entro il 16 marzo 2003
all’Ufficio delle Entrate competente: quello presso il quale è stata presentata
la dichiarazione o registrato l’atto, in relazione al quale è prodotta
l’istanza;
• indicare i dati anagrafici (nome, cognome, denominazione sociale, luogo e
data di nascita, residenza, sede legale, codice fiscale e partita IVA);
• indicare gli elementi identificativi dell’atto o della dichiarazione (ad
esempio estremi di registrazione dell’atto, notaio, data di stipula,
repertorio, estremi di presentazione delle dichiarazioni);
• richiedere la definizione agevolata mediante l’aumento del 25 per cento del
valore dichiarato in atto, specificando i beni per i quali si intende
addivenire alla definizione agevolata, il valore degli stessi e i tributi
interessati; si precisa al riguardo che la definizione agevolata dell’imposta
di registro è inscindibile da quella concernente le imposte ipotecaria e catastale,
così come la definizione agevolata dell’imposta di successione è inscindibile
da quella concernente l’imposta sostitutiva dell’INVIM e le suddette imposte
ipocatastali. Viceversa, per gli atti a titolo oneroso è possibile definire
l’imposta INVIM separatamente dalle imposte di registro e ipocatastali.
Pertanto, il venditore deve precisare nell’istanza di condono per quali tributi
intende chiedere la definizione agevolata;
• dichiarare di non aver ricevuto avviso di accertamento e liquidazione delle
imposte o invito al contraddittorio alla data del 31 dicembre 2002;
• firmare l’istanza e apporre la data;
• versare l’imposta entro 60 giorni dal ricevimento dell’avviso di liquidazione
dell’imposta dovuta.
6.3 Adempimenti dell’ufficio
L’ufficio, ricevute le istanze di definizione, nel minor tempo possibile deve:
• liquidare e notificare l’avviso di liquidazione delle imposte dovute, tenendo
conto di quanto corrisposto in via principale, senza applicare sanzioni ed
interessi (articolo 11, comma 2, legge finanziaria 2003);
• porre in essere tutti gli adempimenti, previsti per il recupero delle
maggiori imposte, nonché relative sanzioni e interessi, dovute a seguito del
procedimento di valutazione, qualora la domanda di definizione sia divenuta
priva di effetti, per l’omesso pagamento dell’imposta entro sessanta giorni
dalla notifica dell’avviso di liquidazione.
6.4 Adempimento delle formalità omesse
Il comma 4 dell’articolo 11 stabilisce: “Se alla data di entrata in vigore della
presente legge (1° gennaio 2003) sono decorsi i termini per la registrazione
ovvero per la presentazione delle denunce o dichiarazioni, non sono dovute
sanzioni e interessi”, qualora il contribuente provveda all’adempimento delle
formalità omesse ed al pagamento dei relativi tributi entro il 16 marzo 2003.
La possibilità di corrispondere il tributo e di adempiere alle formalità
omesse, senza sanzioni e interessi, comporta la riapertura dei termini, cosi
che possono usufruire di tale agevolazione tutti coloro che al 1° gennaio 2003
non hanno ancora adempiuto alle formalità di registrazione o alla presentazione
delle dichiarazioni e denunce e provveduto ad eseguire il relativo pagamento.
Rientrano in tale previsione soltanto quegli atti, dichiarazioni e denunce per
i quali alla data di entrata in vigore della legge in commento risulta omessa
la formalità della registrazione o la presentazione (ed il pagamento della
relativa imposta), pertanto sono esclusi quelli già presentati agli uffici
entro il 31 dicembre 2002.
Per beneficiare di tale previsione occorre che il contribuente abbia provveduto
al versamento di tutti i tributi dovuti alla registrazione o presentazione,
entro il 16 marzo 2003. Pertanto non deve versare entro tale termine i tributi
da corrispondere a seguito di avviso di liquidazione dell’ufficio. Ad esempio:
nel caso in cui al 1° gennaio 2003 risulti omessa la dichiarazione di una
successione, apertasi nell’anno 1999, per la stessa il contribuente non deve
sanzioni ed interessi se, entro il 16 marzo 2003 presenta la relativa
dichiarazione e paga i tributi “autoliquidati” (imposta ipotecaria e catastale,
imposta di bollo, tasse ipotecarie, imposta sostitutiva dell’INVIM – decreto
legge 28 marzo 1997, n. 79, articolo 11, convertito dalla legge 28 maggio 1997,
n. 140).
7 DEFINIZIONE DEI CARICHI DI RUOLO PREGRESSI
L’articolo 12 della legge finanziaria 2003 consente la possibilità di definire
in maniera agevolata i rapporti derivanti dalla richiesta di pagamento di somme
incluse in ruoli emessi da uffici statali ed affidati ai concessionari del
servizio nazionale della riscossione entro il 30 giugno 1999.
L’estinzione dei debiti iscritti a ruolo è condizionata al pagamento di una
somma pari al 25% dell’importo iscritto a ruolo (capitale, interessi e
sanzioni) e delle somme dovute al concessionario a titolo di rimborso delle
spese dallo stesso sostenute per l’espletamento di procedure esecutive; non
sono dovuti gli interessi di mora maturati.
7.1 Ruoli ammessi alla definizione
Quanto all’ambito di applicazione della definizione in argomento, si evidenzia
che la stessa concerne tutte le tipologie di ruoli – ivi compresi, ad esempio,
quelli con i quali si chiede il pagamento di sanzioni non correlate ai tributi,
quelli oggetto di provvedimenti di sospensione della riscossione, quelli emessi
a seguito di liquidazione delle imposte ai sensi dell’articolo 36-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, nonché quelli emessi a
seguito di controllo formale delle dichiarazioni ex articolo 36-ter del
medesimo decreto - affidati ai concessionari entro il 30 giugno 1999.
L’ ambito operativo della disposizione in esame resta tuttavia delimitato dalle
disposizioni concernenti la chiusura delle liti pendenti di cui al successivo
articolo 16, di cui il contribuente intenda avvalersi. Nell’eventualità,
invero, che il contribuente interessato da una controversia pendente voglia
procedere alla chiusura della stessa, è “comunque” tenuto, ai sensi del comma 5
del citato articolo 16, al pagamento delle “somme il cui pagamento è previsto
dalle vigenti disposizioni in pendenza di lite”. Ciò anche se tali somme siano
state iscritte in ruoli affidati al concessionario entro il 30 giugno 1999. Da
qui la evidente mancanza di interesse ad attivare – in tal caso - la procedura
di definizione prevista dall’articolo 12.
Per converso, ove il contribuente non intenda fare ricorso alle disposizioni
concernenti la chiusura della lite e opti per la definizione del ruolo, l’esito
della controversia sarà diverso a seconda che abbia o meno ad oggetto un ruolo.
Nel primo caso, per effetto della intervenuta definizione, dovrà dichiararsi
l’estinzione della controversia. Negli altri casi la controversia proseguirà il
suo iter nei modi ordinari.
7.2 Modalità per la definizione
Per avvalersi delle disposizioni agevolative in commento, gli interessati,
oltre a pagare l’importo dovuto direttamente agli sportelli dei concessionari
ovvero a mezzo di apposito bollettino, dovranno sottoscrivere e consegnare, o
spedire a mezzo posta o via fax, al competente concessionario un apposito
modello, in corso di approvazione con atto del direttore dell’Agenzia delle
Entrate.
7.2.1 Ruoli consegnati ai concessionari tra il 1° gennaio 1997 e il 30
giugno 1999
Per i ruoli consegnati ai concessionari tra il 1° gennaio 1997 e il 30 giugno
1999, saranno gli stessi concessionari ad inviare al debitore un invito ad
avvalersi dei benefici previsti dal citato articolo 12, unitamente al
bollettino di pagamento da utilizzare.
7.2.2 Ruoli affidati anteriormente al 1° gennaio 1997
Per i ruoli affidati anteriormente al 1° gennaio 1997, invece, la norma non
prescrive un obbligo a carico dei concessionari analogo a quello indicato al
punto precedente. Laddove, pertanto, questi ultimi non provvedano ugualmente
all’invio dell’invito sopra menzionato, i debitori dovranno recarsi
direttamente presso gli sportelli delle società concessionarie, dove potranno
provvedere agli adempimenti necessari al perfezionamento della definizione.
7.2.3 Comunicazioni al debitore
La comunicazione che sarà inviata dal concessionario al debitore elencherà,
analiticamente, gli importi iscritti a ruolo e non pagati; il bollettino di
pagamento accluso riporterà l’importo risultante dall’applicazione alle
posizioni insolute dei criteri stabiliti dalla legge.
Nel caso in cui il debitore intenda avvalersi della disposizione agevolativa in
commento, solo limitatamente ad alcuni degli addebiti ivi contemplati, ovvero
fra gli stessi ve ne siano alcuni di natura fiscale per i quali risulta
pendente una lite ed in quanto tali definibili solo ai sensi dell’articolo 16,
il debitore dovrà, necessariamente, recarsi presso gli sportelli del concessionario
per sottoscrivere l’atto ed effettuare il versamento.
In ogni caso, al fine di consentire agli interessati l’acquisizione di
informazioni in ordine alla propria situazione debitoria, i concessionari
potranno essere contattati anche attraverso appositi centri di assistenza
telefonica.
7.3 Maggiori rateazioni
Si osserva, inoltre, che nelle ipotesi di maggiore rateazione in atto ovvero di
effettuazione di pagamenti parziali delle somme iscritte a ruolo, la
definizione in argomento trova applicazione limitatamente agli importi ancora
da pagare alla data del versamento effettuato ai sensi dell’articolo 12 della
legge finanziaria 2003.
Con specifico riferimento alle maggiori rateazioni, si precisa, infine, che:
• nel computo delle somme dovute per la definizione agevolata, non dovranno,
naturalmente, essere considerati gli importi relativi al carico residuo di
interessi calcolati ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;
• le garanzie eventualmente prestate, a fronte del rilascio della dilazione,
potranno essere svincolate previo assenso dell’ufficio che ha emesso il ruolo,
cui dovrà essere fornita l’attestazione del concessionario circa il corretto
assolvimento degli obblighi connessi alla definizione.
Si fa presente, infine, che, a seguito del versamento del debitore, il
concessionario dovrà sospendere la riscossione del residuo importo iscritto a
ruolo, nell’attesa che il competente ufficio provveda all’annullamento di tale
residuo.
8 REGOLARIZZAZIONE DELLE SCRITTURE CONTABILI
L’articolo 14 della legge finanziaria per il 2003 disciplina ulteriori effetti
rilevanti ai fini della determinazione del reddito d’impresa, connessi con la
definizione automatica (articolo 7), l’integrazione degli imponibili per gli
anni pregressi (articolo 8) e la definizione automatica per gli anni pregressi
(articolo 9). La medesima disposizione, in particolare, si occupa delle
modalità con le quali i contribuenti titolari di reddito d’impresa che si siano
avvalsi delle disposizioni prima richiamate possono regolarizzare le scritture
contabili.
La predetta regolarizzazione delle scritture contabili viene partitamene
esaminata con riguardo alle imprese che si siano avvalse:
a) dell’integrazione degli imponibili per gli anni pregressi ai sensi
dell’articolo 8 (c.d. dichiarazione integrativa);
b) dell’integrazione con riferimento a redditi ed imponibili conseguiti
all’estero, sempre ai sensi dell’articolo 8;
c) della definizione automatica per gli anni pregressi ai sensi dell’articolo 9
(c.d. condono tombale).
Infine, il comma 6 dell’articolo 14 disciplina l’adeguamento delle sole
rimanenze iniziali di magazzino da parte dei soggetti che si sono avvalsi della
definizione automatica degli anni pregressi mediante autoliquidazione, di cui
all’articolo 7 (c.d. concordato per gli anni pregressi).
L’articolo 14 in esame presenta molti punti di contatto con le analoghe
disposizioni contenute nell’articolo 33 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.
In assenza di uno specifico rinvio a tale ultima disposizione, anche se nel
prosieguo vengono ripresi, parzialmente e con le opportune modifiche, i
chiarimenti già forniti nella circolare n. 12 del 9 maggio 1992, la stessa non
può trovare applicazione.
8.1 Effetti fiscali delle dichiarazioni integrative
Il comma 1 dell’articolo 14 prevede che le società di capitali ed enti
equiparati, le società in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad
esse equiparate, nonché le persone fisiche e gli enti non commerciali,
relativamente ai redditi di impresa posseduti, che presentano le dichiarazioni
integrative ai sensi dell’articolo 8, possono specificare in un apposito prospetto
i nuovi elementi attivi e passivi o le variazioni di elementi attivi e passivi
da cui derivano gli imponibili, i maggiori imponibili o le minori perdite
indicati nelle dichiarazioni integrative.
Il comma 1 si applica, quindi, a tutti i titolari di reddito d’impresa che
hanno integrato i relativi imponibili ai sensi dell’articolo 8,
indipendentemente dal regime contabile adottato. Il prospetto deve,
separatamente per ogni dichiarazione integrativa presentata, indicare in modo
distinto i nuovi elementi attivi e passivi e le variazioni di elementi attivi e
passivi già esistenti da cui originano gli imponibili, i maggiori imponibili e
le minori perdite, nonché evidenziare la correlazione esistente tra le predette
attività e gli imponibili. Tale prospetto può essere redatto in forma libera.
Si precisa che ove i nuovi elementi attivi e passivi non derivino in tutto o in
parte dalla analitica contrapposizione tra componenti positivi e negativi
risultanti dall’apposito prospetto, la differenza costituirà sopravvenienza da
evidenziare nel prospetto stesso e da includere nell’imponibile della
dichiarazione integrativa.
In sostanza, nel caso in cui il contribuente faccia emergere un’attività, dovrà
evidenziare nel prospetto la correlazione esistente tra la stessa ed i redditi
che la hanno generato e che hanno già formato oggetto di regolarizzazione.
Diversamente, l’importo dell’attività, per la parte che non è correlata ai
redditi regolarizzati, costituisce reddito imponibile da indicare nella
dichiarazione integrativa del periodo d’imposta d’emersione.
A titolo esemplificativo si ipotizzi la seguente fattispecie.
Per il periodo d’imposta 2001 si intende far emergere una attività finanziaria
di 1000 costituita con fondi non tassati in esercizi precedenti. Qualora nei
periodi d’imposta definibili vengano dichiarati complessivamente redditi per
800 che hanno generato o incrementato l’attività – compresi eventualmente i
frutti della stessa -, la differenza pari a 200 costituisce sopravvenienza
attiva da includere nell’imponibile da integrare. L’integrazione dovrà, quindi,
riguardare sia la consistenza dell’attività stessa nel periodo d’imposta in cui
si intende farla emergere, sia, separatamente ed analiticamente, i relativi
frutti conseguiti nei periodi d’imposta definibili.
La compilazione del prospetto prima richiamato è finalizzata al riconoscimento
fiscale dei valori e delle quantità in esso specificate ed ha efficacia, alle
condizioni di seguito illustrate, indipendentemente dalla regolarizzazione
delle scritture contabili. Tale regolarizzazione, come si dirà oltre, da
intendere come facoltà concessa dalla norma, ha effetti esclusivamente
civilistici e riguarda i soli contribuenti tenuti alla redazione
dell’inventario, rendiconto o bilancio.
Per quanto riguarda gli effetti fiscali la norma specifica, inoltre, che con
riferimento agli imponibili o maggiori imponibili ed alle minori perdite
dichiarati non si applicano il comma 4 dell’articolo 75 del TUIR ed il terzo
comma dell’articolo 61 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 600. In sostanza, quando l’integrazione effettuata è il risultato
della differenza tra componenti positivi e negativi di reddito a suo tempo non
imputati al conto economico, i relativi costi ed oneri assumono rilevanza fiscale
indipendentemente dalla loro originaria iscrizione nelle scritture contabili.
L’ultimo periodo del comma in esame prevede che il prospetto deve essere
conservato, ai sensi dell’articolo 43 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, fino al 31 dicembre del quarto anno
successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa.
Considerato che la dichiarazione integrativa deve essere presentata entro il 16
marzo 2003, il prospetto deve essere conservato fino al 31 dicembre 2007 ed
eventualmente esibito o trasmesso all’amministrazione finanziaria su richiesta
dell’ufficio competente.
Le quantità ed i valori evidenziati nel prospetto, ai sensi del secondo periodo
del comma 2, sempre che non esauriscano i propri effetti nei periodi d’imposta
di riferimento, si considerano fiscalmente riconosciuti ai fini delle imposte
dirette e dell’IRAP nei periodi d’imposta successivi con esclusione di quelli
per i quali non sia stata presentata la dichiarazione integrativa ai sensi
dell’articolo 8, salvo che non siano oggetto di accertamento o rettifica
d’ufficio.
Al riguardo si osserva che tale riconoscimento fiscale deve essere
esclusivamente collegato alla specificazione dei nuovi valori e quantità
nell’apposito prospetto e non alle eventuali rettifiche contabili operate nel
bilancio chiuso al 31 dicembre 2002 o in corso a tale data. La regolarizzazione
delle scritture contabile, infatti, assicura soltanto effetti civilistici e
presuppone in ogni caso la specificazione nel prospetto delle quantità e dei
valori sui quali è basata.
Le disposizioni dell’articolo 14 in commento consentono, quindi, al soggetto
che ha presentato la dichiarazione integrativa prevista dall’articolo 8, di
specificare le varie operazioni fiscalmente irregolari, con conseguente
rilevanza fiscale delle poste attive e passive correlate ai nuovi elementi di
reddito - anche di quelli che rivestono, come si è detto, natura di costi od
oneri - non solo relativamente al periodo di imposta a cui le variazioni apportate
si riferiscono, ma anche a quelli successivi, sempre che per detti periodi
siano state presentate dichiarazioni integrative.
Se l’ultimo periodo d’imposta per il quale è stata presentata dichiarazione
integrativa è l’ultimo definibile in via agevolata, le integrazioni apportate
sono fiscalmente riconosciute, anche per i periodi d’imposta successivi. Nel
caso si sia proceduto alle rettifiche contabili sulla base dei valori e delle
quantità evidenziate nel prospetto, tali effetti sono assicurati dalla corrispondenza
tra i valori civilistici e quelli fiscali. Diversamente, in assenza di
regolarizzazione delle scritture contabili gli effetti fiscali
dell’integrazione sono evidenziati extra-contabilmente, attraverso le relative
variazioni in aumento e in diminuzione dell’imponibile da indicare nelle
dichiarazioni dei redditi.
8.2 Regolarizzazione contabile per i soggetti che hanno presentato le
dichiarazioni integrative
Come detto, il comma 2 dell’articolo 14 prevede la possibilità di regolarizzare
senza ulteriori oneri le scritture contabili, sulla base delle quantità e dei
valori evidenziati nel prospetto di cui sopra e correlati agli imponibili,
maggiori imponibili o minori perdite oggetto di integrazione. A tal fine, i
contribuenti devono apportare le conseguenti variazioni nell’inventario,
rendiconto o bilancio chiuso al 31 dicembre 2002, ovvero, per i soggetti con
periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, in quelli relativi al
periodo d’imposta in corso alla predetta data.
La norma, che fa riferimento all’inventario, al rendiconto, ovvero al bilancio,
è evidentemente rivolta ai soli contribuenti in contabilità ordinaria tenuti
alla redazione di tali documenti.
La regolarizzazione delle scritture contabili riguarda i casi in cui, in un
determinato periodo d’imposta oggetto di dichiarazione integrativa, il
contribuente abbia omesso di registrare in contabilità, o abbia registrato
irregolarmente, un’operazione i cui effetti si riflettono ancora sul bilancio o
rendiconto relativo all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2002 o in corso a tale
data. In tal caso il contribuente può procedere “ad ogni effetto” alle
rettifiche contabili nel suddetto bilancio o rendiconto, nel senso che la
regolarizzazione produce anche effetti civilistici e consente di sanare
irregolarità dalle quali possono derivare responsabilità di natura penale o
patrimoniale in capo all’imprenditore o agli amministratori.
Tali operazioni potranno essere correttamente eseguite anche in relazione
all'esercizio chiuso anteriormente al 31 dicembre 2002, se il relativo bilancio
è approvato dopo l’entrata in vigore della legge finanziaria.
Si precisa che le rettifiche contabili devono essere effettuate con riferimento
alla situazione patrimoniale iniziale relativa all’esercizio che forma oggetto
delle regolarizzazioni, quindi per i soggetti con esercizio coincidente con
l’anno solare le rettifiche devono essere apportate alla situazione
patrimoniale al 1° gennaio 2002.
Nella pratica, il contribuente potrà effettuare la regolarizzazione iscrivendo,
eliminando, o modificando l’iscrizione in contabilità di attività e passività,
in conseguenza delle integrazioni degli imponibili effettuate. Secondo corretti
principi contabili, tali operazioni comportano contabilmente l’emersione di un
corrispondente componente straordinario di conto economico.
8.3 Ulteriori regolarizzazioni contabili
Ai sensi del comma 3 dell’articolo 14, i contribuenti individuati al comma 1,
possono anche procedere, intervenendo nel bilancio o rendiconto chiuso al 31
dicembre 2002, o in corso a tale data e sempre senza ulteriori oneri, ad
eliminare le attività e passività fittizie, inesistenti o indicate per valori
superiori a quelli effettivi, anche nel caso in cui tale eliminazione non sia
collegata all’integrazione del reddito imponibile di un determinato periodo
d’imposta oggetto di definizione.
Tale disposizione disciplina ipotesi di regolarizzazioni contabili ulteriori
rispetto a quelle eseguibili ai sensi del precedente comma 2, nel senso che
esse possono essere effettuate indipendentemente dalle condizioni indicate in
quest’ultima norma, ossia indipendentemente dagli elementi attivi e passivi
specificati nel prospetto di cui al comma 1 in sede di integrazione
dell’imponibile.
Dette regolarizzazioni possono essere operate, infatti, da tutti i soggetti che
abbiano presentato dichiarazione integrativa ai sensi dell’articolo 8 anche per
un solo periodo d’imposta.
La norma consente di eliminare le attività e le passività - compresi ratei e
risconti - fittizie, inesistenti o indicate per valori superiori a quelli
effettivi senza che ciò faccia emergere componenti positivi e negativi
rilevanti ai fini della determinazione del reddito di impresa del periodo di
imposta in cui è effettuata la regolarizzazione.
Inoltre, nel caso in cui venga operata una riduzione di un fondo di
ammortamento e/o di accantonamento, che abbia ripercussione sugli esercizi
futuri, la norma stabilisce l’indeducibilità delle quote di ammortamento o di
accantonamento imputate negli esercizi stessi fino a concorrenza della
riduzione operata.
Ai fini della regolarizzazione contabile in esame si ritiene opportuno che i
differenti valori civilistici derivanti dalla eliminazione di attività e
passività rispetto a quelli fiscali siano distintamente evidenziati redigendo
un apposito prospetto per ciascun periodo d’imposta in cui permangono tali
differenze. Sulla base dei dati del prospetto si procederà conseguentemente
alla eliminazione di dette attività e passività dall’inventario, rendiconto o
bilancio. Anche questo prospetto deve essere conservato fino al 31 dicembre
2007 ed eventualmente esibito o trasmesso all’amministrazione finanziaria su
richiesta dell’ufficio competente
8.4 Regolarizzazione contabile delle attività detenute all’estero.
Il comma 4 dell’articolo 14 consente ai soggetti che hanno presentato le
dichiarazioni integrative di cui all’articolo 8 con riferimento a redditi ed
imponibili conseguiti all’estero, di effettuare la regolarizzazione contabile
delle corrispondenti attività detenute all’estero.
Si ricorda che ai sensi del comma 5 dell’articolo 8 per sanare i redditi e gli
imponibili conseguiti all’estero, il contribuente è tenuto al pagamento di
un’imposta sostitutiva delle imposte ordinarie nella misura del 13 per cento.
L’emersione in contabilità delle attività detenute all’estero si correla a
corrispondenti componenti positivi di reddito - in sostanza sopravvenienze
attive – che costituiscono oggetto dell’integrazione di cui all’articolo 8,
comma 5. Al riguardo si veda anche quanto indicato nel paragrafo di commento
all’articolo 8, comma 5.
In ogni caso, il contribuente dovrà evidenziare nell’apposito apposito
prospetto di cui al comma 1 gli elementi emersi.
La norma specifica, inoltre, che a differenza delle attività detenute in Italia
il valore delle attività oggetto di regolarizzazione si considera fiscalmente
riconosciuto a decorrere dal terzo periodo d’imposta successivo a quello chiuso
o in corso al 31 dicembre 2002 e quindi, per i soggetti con esercizio
coincidente con l’anno solare, a decorrere dal periodo d’imposta che inizia il
1° gennaio 2005.
8.5 Regolarizzazioni contabili dei soggetti che hanno aderito al condono
tombale
Il comma 5 dell’articolo 14 consente ai soggetti – sempre titolari di reddito
d’impresa - che hanno aderito al condono tombale ai sensi dell’articolo 9 di
procedere alla regolarizzazione delle scritture contabili. In particolare, tali
soggetti, nel bilancio, inventario o rendiconto chiuso al 31 dicembre 2002 o in
quello in corso a tale data, possono sia eliminare attività o passività fittizie,
inesistenti o indicate per valori superiori a quelli effettivi, sia iscrivere
attività in precedenza omesse.
In questo caso, poiché la norma consente di far emergere attività in precedenza
omesse mediante iscrizione nell’inventario, rendiconto o bilancio, si deve
ritenere che la regolarizzazione contabile è evidentemente riservata ai soli
contribuenti tenuti alla redazione di tali documenti.
L’iscrizione in esame, che – ai sensi del comma 5 – deve riferirsi ad “attività
in precedenza omesse”, comporta l’assoggettamento ad imposta sostitutiva dei
relativi valori. Come già accennato, si ricorda che le attività in precedenza
omesse, nel momento in cui sono iscritte nel bilancio o rendiconto
dell’imprenditore, determinano l’insorgere, secondo corretti principi
contabili, di un componente straordinario di conto economico di pari importo,
che per effetto dell’assoggettamento ad imposta sostitutiva non rileverà nei
modi ordinari ai fini della determinazione del reddito di impresa.
I versamenti dell’imposta sostitutiva devono essere effettuati nel termine
previsto per il versamento degli importi che consente il perfezionamento della
procedura di cui all’articolo 9.
Nel caso di iscrizione in bilancio di valori riferiti ad attività detenute
all’estero al 31 dicembre 2001, i contribuenti dovranno presentare, in aggiunta
alla dichiarazione per la definizione automatica di cui all’articolo 9, anche
la dichiarazione prevista dal comma 3 dell’articolo 8 o, in alternativa, quella
prevista dal comma 4 del medesimo articolo, posto che, ai sensi del citato
articolo 9, comma 1, non possono essere oggetto di definizione automatica i
valori relativi ad attività detenute all’estero. L’imposta sostitutiva sul
valore delle attività iscritte non è ovviamente dovuta nel caso in cui il
contribuente abbia già assolto sulle sopravvenienze attive corrispondenti al
valore delle attività detenute all’estero, oggetto di regolarizzazione,
l’imposta sostitutiva del 13 per cento prevista dall’articolo 8, comma 5.
L’imposta da versare è sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’IRAP
dell’IVA e delle altre imposte previste dall’articolo 8, comma 1 (cfr. articolo
8, comma 5), ed è indeducibile ai fini delle predette imposte sui redditi e
dell’IRAP. I valori iscritti sono riconosciuti ai fini di queste ultime imposte
a decorrere dal terzo periodo d’imposta successivo a quello chiuso o in corso
al 31 dicembre 2002 e quindi, per i soggetti con esercizio coincidente con
l’anno solare, a decorrere dal periodo d’imposta che inizia il 1° gennaio 2005.
L’iscrizione delle attività deve avvenire nel rispetto dei principi civilistici
di redazione del bilancio. Di conseguenza, per quanto concerne i valori ai
quali devono essere iscritte le nuove attività, si applicano le regole previste
dall’articolo 2426 del codice civile; più precisamente, per quanto riguarda gli
immobili, gli impianti, il macchinario e i mobili, detti beni devono essere
iscritti al prezzo di costo quale risulta da idonea documentazione.
L’iscrizione deve avvenire tenendo conto della residua possibilità di
utilizzazione del cespite.
Si precisa peraltro che, ai fini tributari, i valori stessi saranno assunti nei
limiti in cui risultano compatibili con le regole del capo sesto del TUIR e ciò
anche ai fini del riconoscimento dei componenti negativi di reddito a carico
dell’esercizio con riferimento al quale si effettuano le operazioni di
rettifica ed eventualmente dei successivi.
8.6 Adeguamento delle esistenze iniziali
I soggetti che aderiscono al concordato previsto dall’articolo 7 per tutte le
annualità definibili ai sensi della predetta norma, possono regolarizzare solo
le esistenze iniziali dei beni ai sensi dell’articolo 59 del TUIR, adeguando al
valore effettivo quello esposto nelle scritture contabili all’inizio del
periodo d’imposta successivo all’ultimo periodo definito. Per i soggetti con
periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, quindi, il valore da adeguare è
quello esposto al 1° gennaio 2002.
La norma si applica quindi a tutti i titolari di reddito d’impresa che hanno
aderito al concordato previsto dall’articolo 7, sia in contabilità ordinaria
che semplificata.
L’adeguamento può essere effettuato mediante l’eliminazione delle esistenze
iniziali di quantità o valori superiori a quelli effettivi, ovvero mediante
l’iscrizione di rimanenze iniziali in precedenza omesse.
Dal tenore letterale della norma emerge che, mentre l’eliminazione può
riguardare tanto la consistenza quantitativa delle rimanenze che la loro
sopravalutazione, l’iscrizione di nuove rimanenze riguarda solo l’ipotesi di
rimanenze in precedenza non contabilizzate e non quella di una loro
sottovalutazione. Diversamente, infatti, la regolarizzazione non riguarderebbe
rimanenze in precedenza omesse, ma comporterebbe solo una semplice
rivalutazione delle rimanenze già contabilizzate.
Sui maggiori valori iscritti è dovuta l’imposta sostitutiva del 13 per cento
prevista dal comma 5. I versamenti dell’imposta sostitutiva devono essere
effettuati nel termine previsto per il versamento degli importi che consentono
il perfezionamento della procedura di cui all’articolo 7.
Tali maggiori valori si considerano riconosciuti ai fini delle imposte dirette
e dell’IRAP a decorrere dall’inizio del periodo d’imposta successivo all’ultimo
periodo definito. Per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno
solare, quindi, i maggiori valori saranno riconosciuti a decorrere dal 1°
gennaio 2002.
La norma specifica, infine, che l’adeguamento non rileva in alcun modo ai fini
sanzionatori, nel senso che non può determinare l’applicazione di alcun tipo di
sanzione tributaria, civile o penale, né può costituire notizia di reato da
riferire all’Autorità Giudiziaria a norma dell’articolo 331 del codice di
procedura penale.
9 DEFINIZIONE DEGLI ACCERTAMENTI, DEGLI INVITI AL CONTRADDITTORIO, DEI
PROCESSI VERBALI DI CONSTATAZIONE
L’articolo 15 contiene disposizioni sulla definizione degli accertamenti, degli
inviti al contraddittorio e dei processi verbali di constatazione notificati al
contribuente.
9.1 Ambito di operatività
9.1.1 Presupposti soggettivi
Dal punto di vista soggettivo, la definizione di cui all’articolo 15 in esame,
in generale, interessa tutti i contribuenti ai quali sia stato notificato uno
dei suddetti atti.
Ai sensi del comma 1, ultimo periodo, non è consentito accedere alla
definizione in parola qualora sia stato avviato procedimento penale per uno dei
reati di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, di cui il
contribuente abbia formale conoscenza alla data in cui la definizione si
perfeziona con il pagamento; ciò significa, come precisato in precedenza, che
non può usufruire della definizione chi ha ricevuto la notifica, ad esempio, di
un’informazione di garanzia o dell’avviso di conclusione delle indagini
preliminari per uno qualunque dei reati previsti dal riferito decreto legislativo
n. 74 del 2000.
9.1.2 Presupposti oggettivi
Dal punto di vista oggettivo la definizione, ai sensi del comma 1 dell’articolo
15 interessa gli atti di seguito elencati:
1. gli avvisi di accertamento notificati entro la data di entrata in vigore della
legge finanziaria 2003 (1° gennaio 2003) che, alla medesima data, non si sono
resi definitivi né risultano interessati da ricorso giurisdizionale; per avvisi
di accertamento devono intendersi, naturalmente, anche quelli riguardanti gli
accertamenti parziali di cui all’articolo 41-bis del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e quelli di cui all’articolo 54,
quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633. Rimangono invece estranei alla possibilità di definizione tutti quegli
atti che non contengono l’affermazione della pretesa impositiva o la sua
quantificazione, ma solo la richiesta di pagamento di una pretesa tributaria
già altrimenti affermata (è il caso, ad esempio, del ruolo o della cartella che
siano preceduti da avviso di accertamento).
2. gli inviti al contraddittorio di cui agli articoli 5 e 11 del decreto
legislativo 19 giugno 1997, n. 218, notificati entro la data di entrata in
vigore della legge finanziaria 2003 (1° gennaio 2003) per i quali, alla
medesima data, non sia ancora intervenuta la definizione; per cui, dopo il
perfezionamento della definizione dell’accertamento con adesione, che si
verifica con il versamento della somma dovuta ai sensi dell’articolo 9 del
decreto legislativo n. 218 del 1997, non è più possibile avvalersi della
definizione di cui all’articolo 15 della predetta legge finanziaria.
3. i processi verbali di constatazione, notificati entro la data di entrata in
vigore della legge finanziaria 2003 (1° gennaio 2003), relativamente ai quali,
alla medesima data, non sia ancora stato notificato avviso di accertamento
ovvero ricevuto invito al contraddittorio; per processo verbale di
constatazione deve intendersi il documento redatto dai verificatori a seguito
dell’ultimazione delle operazioni di ispezione e verifica e notificato al
contribuente, mediante il quale è effettuata la constatazione delle violazioni
delle norme tributarie ascrivibili al contribuente. Tale documento va tenuto
distinto dai verbali giornalieri nei quali vengono descritte le sole operazioni
quotidianamente compiute dai verificatori; questi verbali giornalieri non
rientrano nell’ambito applicativo della definizione in esame.
Sono oggetto di definizione gli atti sopra elencati riferiti a tutte le
tipologie di imposte per le quali la legge finanziaria 2003 prevede la
possibilità di definizione, vale a dire:
• le imposte sui redditi e le relative addizionali;
• le imposte sostitutive;
• l’imposta regionale sulle attività produttive;
• l’imposta sul patrimonio netto delle imprese;
• l’imposta sul valore aggiunto;
• le altre imposte indirette (diverse dall’IVA).
Con esclusivo riferimento agli avvisi di accertamento e agli inviti al
contraddittorio è possibile definire anche i contributi previdenziali e i
contributi al servizio sanitario nazionale.
9.2 Condizioni per accedere alla definizione
Ai sensi del combinato disposto degli articoli 15, comma 1, e 16, comma 3,
lett. a), qualora alla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2003
(1° gennaio 2003) sia stato proposto ricorso contro l’avviso di accertamento, è
possibile utilizzare esclusivamente la procedura di definizione prevista
dall’art 16 per la chiusura delle liti fiscali pendenti.
9.3 Modalità di calcolo delle imposte dovute
Le modalità per la definizione di cui all’articolo 15 variano in relazione
all’ammontare del maggior debito tributario accertato dall’ufficio o indicato
nell’invito al contraddittorio e nel processo verbale, distinguendo altresì
secondo la tipologia dell’atto oggetto di definizione.
9.3.1 Avvisi di accertamento e inviti al contraddittorio
Per quanto concerne gli inviti al contraddittorio e gli avvisi di accertamento,
il comma 2 dispone che la definizione si perfeziona con il pagamento entro il
17 marzo 2003 delle somme determinate secondo un procedimento a scaglioni,
applicati alle maggiori imposte e contributi complessivamente accertati o
indicati negli inviti a comparire, in base a quanto riassuntivamente previsto
nella seguente tabella:
Maggiori imposte e
contributi complessivamente accertati o indicati negli inviti al
contraddittorio |
Aliquota (per
scaglioni) |
Importi dovuti
sull’ammontare massimo dello scaglione |
Importi
dovuti sui redditi intermedi compresi negli scaglioni |
Fino a 15.000 euro |
30% |
4.500 |
|
Da 15.000 a 50.000
euro |
32% |
15.700 |
4.500 + 32% sulla
parte eccedente 15.000 |
Oltre 50.000 euro |
|
---- |
15.700 + 35%
sulla parte eccedente 50.000 |
Inoltre, il comma 3 precisa che la definizione degli avvisi di accertamento
e degli inviti al contraddittorio di cui al comma 2 è possibile anche
nell’ipotesi di rettifiche delle perdite dichiarate, qualora da tali atti
emergono maggiori imposte o contributi dovuti. In tale ipotesi, la “base
imponibile” per determinare l’importo dovuto ai fini della definizione è
costituita dalle maggiori imposte e contributi indicati nell’atto accertativi o
nell’invito. Per effetto della definizione, le eventuali perdite riportate
nell’esercizio successivo saranno riconosciute solo nella misura risultante
dagli avvisi di accertamento e nei limiti previsti dalla legge.
Ai fini della definizione delle posizioni interessate dagli inviti al
contraddittorio, di cui agli articoli 5 e 11 del decreto legislativo n. 218 del
1997, dovrà farsi riferimento alle maggiori imposte che gli uffici sono tenuti
a indicare sugli stessi, in conformità alle istruzioni impartite con circolare
n. 235/E dell’8 agosto 1997.
9.3.2 Processi verbali di constatazione
L’articolo 15 in merito alle modalità di definizione distingue i processi
verbali di constatazione secondo l’imposta oggetto di contestazione nel modo
seguente:
• se la definizione ha ad oggetto le imposte sui redditi, relative addizionali ed
imposte sostitutive, si applica la percentuale pari al 20% della somma dei
maggiori componenti positivi e dei minori componenti negativi risultanti dal
verbale;
• se, invece, la definizione riguarda l’IVA, l’IRAP e le altre imposte
indirette, è dovuto il pagamento di un importo pari alla metà dell’aliquota
applicabile alle operazioni risultanti dal verbale di constatazione. Il che
significa, ad esempio, che se è stata rilevata un’operazione imponibile ai fini
IVA ad aliquota ordinaria (20%), il processo verbale può essere definito
mediante il pagamento dell’imposta contestata ridotta alla metà (10%).
L’articolo 15, comma 4, lett. b), per la definizione dei processi verbali di
constatazione ai fini IVA, postula la presenza di elementi normalmente necessari
per determinare la maggiore imposta correlata ai rilievi verbalizzati. Si
ritiene peraltro che rientrano nell’ambito applicativo della norma anche i
processi verbali concernenti l’indebito esercizio della detrazione. In tali
ipotesi, l’importo da versare sarà pari alla metà dell’imposta illegittimamente
detratta. Ad esempio, qualora sia stata contestata una maggiore detrazione
d’imposta dovuta, ad esempio, ad errato calcolo del pro rata di cui
all’articolo 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633, si ritiene che anche tali verbali possano essere definiti
mediante il pagamento della metà dell’imposta erroneamente detratta.
Avuto riguardo alla ratio della disposizione in esame restano esclusi dalla
definizione i processi verbali di constatazione da cui risultano operazioni non
soggette ad IVA.
Pertanto non sono suscettibili di definizione i processi verbali in cui vengono
constatate operazioni esenti e non imponibili, atteso che per le stesse non vi è
né un’aliquota da ridurre né una conseguente imposta da applicare.
Analogamente, non è possibile la definizione dei processi verbali dai quali
emerge la constatazione di una violazione di una norma tributaria comportante
l’applicazione della sola sanzione. Rientra in tale ipotesi, ad esempio, la
constatazione di acquisti senza fattura di beni e servizi da parte del
committente o cessionario, punibile con la sanzione di cui all’articolo 6,
comma 8 del decreto legislativo n. 471 del 1997.
La procedura in esame è altresì esclusa relativamente ai rilievi del processo
verbale di constatazione concernenti gli obblighi di effettuazione delle
ritenute alla fonte ai quali sono tenuti i soggetti indicati nel titolo III del
decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, in qualità di
sostituti di imposta.
E’ il caso di rappresentare, infine, che la definizione in esame non può
interessare i processi verbali notificati dopo l’entrata in vigore della legge
finanziaria 2003, né quelli recepiti in avvisi di accertamento notificati al contribuente
entro la medesima data.
In sintesi, la definizione dei processi verbali di constatazione si può così
riassumere:
Imposta |
Somme dovute |
Imposte sui
redditi, relative addizionali e imposte sostitutive |
20% della somma dei
maggiori componenti positivi e minori componenti negativi complessivamente
risultanti dal p.v.c. |
IRAP, IVA e altre
imposte indirette |
50% dell’aliquota
applicabile alle operazioni risultanti dal p.v.c. |
9.4 Modalità di pagamento
Il comma 5 prevede che i pagamenti delle imposte dovute per effetto del
definizione devono essere effettuati entro il 17 marzo 2003, secondo le
modalità ordinarie di versamento, ai sensi dell’articolo 17 del decreto
legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con esclusione della compensazione.
Quando gli importi da versare per la definizione eccedono, per le persone fisiche,
la somma di 2000 euro e, per gli altri soggetti, la somma di 5000 euro, il
medesimo comma 5 prevede che gli importi eccedenti, maggiorati degli interessi
legali decorrenti dal 17 marzo 2003, possono essere versati in due distinte
rate, di pari importo, entro
• il 16 marzo 2004;
• il 16 marzo 2005.
Ai sensi del comma 5 dell’articolo 15 l’omesso versamento delle eccedenze non
determina la decadenza dai benefici previsti per la definizione. A tal
proposito, la norma prevede che gli importi non versati nei termini sono
iscritti a titolo definitivo nei ruoli affidati al concessionario della
riscossione ai sensi dell’articolo 14 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 602 del 1973.
L’omesso versamento è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per
cento delle somme non versate, ridotto alla metà in caso di versamento eseguito
entro i trenta giorni successivi alla scadenza medesima; sono dovuti, inoltre,
gli interessi legali. Dall’iscrizione a ruolo consegue l’applicazione delle
regole ordinarie in materia di riscossione coattiva di cui al riferito decreto
del Presidente della Repubblica n. 602 del 1972.
Infine, entro dieci giorni dal versamento dell’intero importo o della prima
rata il contribuente deve far pervenire all’ufficio competente - in base al
domicilio fiscale del contribuente – la quietanza dell’avvenuto pagamento
insieme con il prospetto esplicativo delle modalità di calcolo eseguite.
Inoltre, il comma 6 prevede che la definizione non si perfeziona se è fondata
su dati non corrispondenti a quelli contenuti negli avvisi di accertamento,
negli inviti a comparire e nel processo verbale di constatazione, ovvero se nei
confronti del contribuente sia già stato avviato procedimento penale per uno
dei reati di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, dei quali il
contribuente abbia avuto formale conoscenza. Per gli importi versati non è
previsto il rimborso e gli stessi valgono quali acconti sugli importi che
risulteranno eventualmente dovuti in base agli accertamenti definitivi.
9.5 Effetti
Il perfezionamento della definizione, ai sensi del comma 7, comporta la non
punibilità per i reati tributari previsti dagli articoli 2, 3, 4, 5 e 10 del
decreto legislativo n. 74 del 2000, nonché per i reati previsti dagli articoli
482, 483, 484, 485, 489, 490, 491-bis e 492 del codice penale e dagli articoli
2621, 2622 e 2623 del codice civile, quando tali reati siano stati commessi per
eseguire od occultare uno dei menzionati reati di cui tributari previsti dal
riferito decreto legislativo n. 74, ovvero per conseguirne il profitto, e siano
riferiti alla “stessa pendenza o situazione tributaria”.
Ai sensi dell’articolo 15, comma 7, la causa di non punibilità in parola non si
applica ai procedimenti penali in corso.
9.6 Sospensione dei termini
A norma dell’ultimo comma dell’articolo 15 sono sospesi, dalla data di entrata
in vigore della legge finanziaria 2003, ossia al 1° gennaio 2003 e fino al 18
marzo 2003, i termini:
• per proporre ricorso avverso gli avvisi di accertamento oggetto di
definizione;
• per il perfezionamento della definizione di cui al citato decreto legislativo
n. 218 del 1997, in relazione agli inviti al contraddittorio.
In particolare, sono sospesi i termini per la presentazione dei ricorsi
giurisdizionali avverso gli atti di accertamento e di rettifica non divenuti
definitivi alla predetta data del 1° gennaio 2003. Rientrano, quindi, in tali
ipotesi gli atti notificati a partire dal 2 novembre 2002 e quelli notificati
anche prima di quest’ultima data per i quali è stata presentata istanza di
adesione ai sensi dell’articolo 6 del menzionato decreto legislativo n. 218 del
1997.
Non sono, invece, sospesi i termini per gli atti di contestazione e di
irrogazione delle sanzioni di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 18
dicembre 1997, n. 472, atteso che gli stessi non rientrano nell’ambito
applicativo della definizione disciplinata dall’articolo in esame. Gli avvisi
di irrogazione di sanzione possono, peraltro, essere definiti a norma del
successivo articolo 16 qualora siano stati impugnati entro il 31 dicembre 2002.
Indubbiamente nell’ipotesi in cui i destinatari di tali atti abbiano preferito
produrre agli uffici le deduzioni difensive ai sensi del citato articolo 16 del
decreto legislativo n. 472 del 1997 gli stessi non possono essere definiti né
ai sensi dell’articolo 15, né ai sensi dell’articolo 16.
10 CHIUSURA DELLE LITI FISCALI PENDENTI
Ai sensi dell’articolo 16 della legge finanziaria 2003, sono definibili le liti
fiscali pendenti alla data del 1° gennaio 2003 dinanzi alle Commissioni
tributarie in ogni grado del giudizio, anche a seguito di rinvio, nonché quelle
già di competenza del giudice ordinario pendenti dinanzi al Tribunale o alla
Corte d’appello.
La definizione può essere effettuata mediante il pagamento entro il 17 marzo
2003 – atteso che il giorno 16 fissato dalla norma cade di domenica - di una
somma pari a 150 euro, se il valore della lite è di importo fino a 2.000 euro,
ovvero di una somma pari al 10% del valore della lite se questo è di importo
superiore. Devono inoltre essere pagate le somme dovute in pendenza di
giudizio.
Successivamente al predetto pagamento, per ciascuna lite l’interessato dovrà
presentare, entro il 21 marzo 2003, una distinta domanda in carta libera.
Il predetto articolo 16 non prevede che la chiusura della lite costituisca
causa di esclusione della punibilità ai fini penali.
Con la presente circolare si forniscono chiarimenti ed istruzioni in merito
alla definizione delle liti fiscali concernenti rapporti tributari di
competenza dell’Agenzia delle Entrate.
Le modalità di versamento delle somme dovute per la definizione e di
presentazione della relativa domanda verranno determinate con provvedimento
dell’Agenzia delle Entrate.
10.1 Ambito di applicazione
Sono suscettibili di definizione le liti fiscali pendenti alla data del 1°
gennaio 2003 dinanzi:
a. alle Commissioni tributarie provinciali, regionali, di primo e secondo grado
di Trento e Bolzano e centrale, anche a seguito di rinvio;
b. ai Tribunali o alle Corti d’appello che abbiano ad oggetto tributi e
sanzioni che dal 1° gennaio 2002 - a seguito della modifica apportata
all’articolo 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, dall’articolo
12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 - rientrano nell’ambito della
giurisdizione delle Commissioni tributarie. In particolare si fa riferimento,
per quanto concerne le controversie che riguardano questa Agenzia, ai tributi
indicati nella circolare n. 25/E del 21 marzo 2002, e precisamente:
• imposta di bollo;
• tasse sulle concessioni governative;
• tasse sui contratti di borsa;
• imposta sugli intrattenimenti e soppressa imposta sugli spettacoli e tributi
connessi;
• tasse automobilistiche.
I giudizi pendenti in Cassazione non sono ricompresi fra quelli interessati
dalle disposizioni di favore in commento.
In ordine alle tasse automobilistiche si osserva che le presenti istruzioni si
riferiscono esclusivamente a quei casi in cui la gestione del contenzioso è
ancora attribuita agli uffici dell’Agenzia delle Entrate. Infatti, la
definizione in esame ha per oggetto esclusivamente le controversie di
competenza di uffici dell’Amministrazione finanziaria dello Stato, a
prescindere dalla circostanza che la controversia riguardi tributi erariali o
meno. Le controversie non di competenza degli Uffici dell’Amministrazione
statale sono trattate all’articolo 13, recante “Definizione dei tributi
locali”.
Un discorso a parte meritano i canoni di abbonamento alla radio e alla
televisione e le relative tasse sulle concessioni governative, ai quali si
applica esclusivamente la specifica sanatoria prevista dall’articolo 17, comma
1, della stessa legge finanziaria 2003.
Non rientrano nei presupposti per la chiusura delle liti pendenti neppure i
versamenti delle imposte di cui all’articolo 4, comma 1, lett. b), n. 2) (scommesse
diverse dalla scommessa TRIS e da quelle a quest’ultima assimilabili) del
decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504 e all’articolo 8, commi 1 e 2, del
decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla
legge 27 febbraio 2002, n. 16, che trovano specifiche disposizioni di
definizione nel precedente articolo 8, comma 2 della legge finanziaria 2003.
10.2 Nozione di lite pendente
Si considerano pendenti le liti fiscali per le quali:
a. alla data del 1° gennaio 2003 sia stato proposto l’atto introduttivo del
giudizio;
b. alla data del 1° gennaio 2003 sia intervenuta una pronuncia dell’organo
giurisdizionale, anche di inammissibilità, e non siano ancora decorsi i termini
per impugnare la stessa;
c. alla data del 29 settembre 2002 non sia intervenuta una sentenza passata in
giudicato;
d. alla data del 1° gennaio 2003 vi sia pendenza a seguito di rinvio.
A. Per quanto concerne l’ipotesi di cui alla lett. a., occorre sottolineare
che, ai sensi della norma in commento, perché la lite sia considerata pendente è
sufficiente che sia stato proposto il ricorso o l’appello ai sensi,
rispettivamente, degli articoli 20 e 53 del decreto legislativo n. 546 del
1992, ancorché alla stessa data non sia stato effettuato il deposito presso la
Commissione tributaria adita.
Al riguardo, va rilevato che la norma non prevede alcuna sospensione del
termine entro il quale effettuare il deposito e che, pertanto, il ricorrente
non è esonerato dal rispetto, a pena di inammissibilità, dei termini di cui
all’articolo 22 dello stesso decreto legislativo.
La costituzione in giudizio del ricorrente si rende necessaria essenzialmente
al fine di consentire l’eventuale prosecuzione del giudizio in caso di diniego
della definizione.
Anche per la definizione delle liti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria
ordinaria è sufficiente che sia stato notificato l’atto di citazione o di
appello.
B. Per quanto riguarda il caso sub b., come si desume dalla complessiva lettura
delle disposizioni recate dall’articolo 16, la lite si considera pendente fino
a quando non si sia formato il giudicato. Si richiede a tal fine che non siano
decorsi i termini per impugnare la sentenza emessa dalle Commissioni tributarie
provinciali, regionali, centrale, dai Tribunali o dalle Corti d’appello.
Si precisa che nell’articolo in esame il legislatore, laddove utilizza il
termine “sentenza”, si riferisce ad ogni provvedimento definitorio del
giudizio, compresi quindi i decreti presidenziali e le decisioni della
Commissione centrale.
Si evidenzia che l’articolo in commento, al comma 7, dispone la sospensione dei
termini per impugnare le sentenze fino al 17 marzo 2003. Tale disposizione
offre al ricorrente la possibilità di valutare l’opportunità di definire la
lite senza che scadano i termini per impugnare la sentenza. Pertanto i termini
di impugnazione, non ancora scaduti al 1° gennaio 2003, sono sospesi dalla
stessa data fino al 17 marzo 2003. Qualora il ricorrente non definisca la lite,
i residui giorni del termine di impugnazione riprenderanno a decorrere a
partire dal 18 marzo 2003.
Il comma 3, lett. a), dell’articolo in commento considera altresì pendente la
lite fiscale per la quale l’atto introduttivo del giudizio sia stato dichiarato
inammissibile con pronuncia non passata in giudicato alla data di entrata in
vigore della legge.
Da tale disposto deriva che l’esistenza di cause di inammissibilità non rileva
ai fini della definibilità della lite, finché la stessa sia pendente. Più in
generale si ritiene che non è richiesta la pendenza della lite sul rapporto
sostanziale, essendo ammessa la chiusura in tutte le ipotesi in cui sussista
l’obbligo per il giudice di emanare un provvedimento decisorio della lite
stessa, a prescindere dall’eventualità che l’atto introduttivo sia affetto da
vizi comportanti invalidità o inammissibilità ostative all’esame del merito.
C. L’ipotesi sub c. è contemplata nell’articolo 16, comma 3, lett. a) ultima
parte, secondo cui “si intende, comunque, pendente la lite per la quale, alla
data del 29 settembre 2002, non sia intervenuta sentenza passata in giudicato”.
In particolare, la norma in argomento consente eccezionalmente la definizione della
lite anche se è intervenuta una pronuncia passata in giudicato nel periodo
compreso tra il 30 settembre e il 31 dicembre 2002.
Infatti, ai soli fini dell’applicazione della disposizione di cui all’articolo
16 della legge finanziaria per il 2003, il legislatore ha considerato “liti
pendenti” anche quelle aventi ad oggetto un rapporto tributario divenuto
definitivo nel succitato periodo a causa della mancata impugnazione della
relativa pronuncia.
Pertanto, il valore della lite da assumere a base della liquidazione del costo
della definizione, andrà, anche in questo caso, determinato con riferimento
alla contestazione nel primo grado del giudizio.
All’esclusivo fine di consentirne la definizione, il disposto in parola ha
fittiziamente considerato le predette pronunce nella condizione in cui si
trovavano alla data del 29 settembre 2002; di conseguenza, per la
determinazione delle ulteriori somme dovute di cui al comma 5, si applicano le
regole previste per la definizione in presenza di sentenza, illustrate nel
successivo paragrafo relativo alle “somme dovute”.
Occorre precisare che tale disposizione non comporta una riapertura dei termini
di impugnazione delle sentenze in questione, bensì soltanto un ampliamento
delle liti definibili. Infatti, la sospensione dei termini di impugnazione
prevista dal comma 7 è riferibile esclusivamente ai termini pendenti al 1°
gennaio 2003, data di entrata in vigore della legge finanziaria.
Si ritiene che l’eventuale provvedimento di definizione della lite potrà essere
impugnato in questo caso dal soggetto interessato, ai sensi dell’articolo 19,
comma 1, lett. h), del decreto legislativo n. 546 del 1992 innanzi alla
Commissione tributaria provinciale competente. Nel caso di specie, concernente
la pronuncia divenuta definitiva nel periodo compreso tra il 30 settembre 2002
e il 31 dicembre 2002, non possono applicarsi le speciali regole disciplinanti
la contestazione del diniego previste dall’ultimo periodo del comma 8
dell’articolo in esame, in quanto la sentenza oggetto di definizione non è
impugnabile, essendo passata in giudicato.
D. L’ipotesi di cui alla lett. d. si riferisce alle cause pendenti a seguito di
rinvio e precisamente a quelle:
• devolute a una Commissione tributaria provinciale o regionale da parte di una
Commissione tributaria regionale (articolo 59 del decreto legislativo n. 546
del 1992) o dalla Commissione tributaria centrale (articolo 75, comma 1, del
decreto legislativo n. 546 del 1992 e articolo 29 del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636);
• devolute ad un Tribunale a seguito di rinvio da parte della Corte d’appello;
• devolute ad una Commissione tributaria o ad un Tribunale o ad una Corte
d’appello a seguito di rinvio da parte della Corte di Cassazione.
10.3 Liti definibili
Possono essere definite ai sensi della normativa in commento le controversie
aventi ad oggetto gli avvisi di accertamento, i provvedimenti di irrogazione di
sanzioni e ogni altro atto di imposizione.
Conseguentemente restano estranee alle disposizioni recate dall’articolo 16 le
istanze di rimborso, i dinieghi e le revoche di agevolazioni. In ordine alle
agevolazioni va però aggiunto che la lite è tuttavia definibile se nello stesso
provvedimento recante il diniego o la revoca dell’agevolazione siano
contestualmente quantificati anche il tributo o il maggiore tributo e/o le
relative sanzioni conseguentemente dovuti.
Non sono definibili, di norma, l’avviso di liquidazione, l’ingiunzione, il
ruolo, in considerazione della natura di tali atti, finalizzati alla
riscossione del tributo e degli accessori.
Si deroga a tale principio qualora uno dei predetti atti assolve anche alla
funzione di atto di accertamento, oltre che di riscossione.
Non possono essere definite nemmeno le liti aventi ad oggetto gli avvisi di
liquidazione emessi ai sensi dell’articolo 12 del decreto-legge 14 marzo 1988,
n. 70, convertito dalla legge 13 maggio 1988, n. 154. Al riguardo, la prassi
dell’Amministrazione finanziaria ha escluso la definizione dei predetti avvisi
in quanto, non incidendo essi sulla rettifica del valore dichiarato, assolvono
a una funzione meramente liquidatoria (circolare n. 88/E del 24 marzo 1995;
risoluzione n. 288/E del 4 settembre 2002). Negli stessi termini si è espressa
la Corte di Cassazione (Cass. 5 gennaio 2000, n. 64; 30 maggio 2001, n. 7410;
19 marzo 2002, n. 3957; 3 maggio 2002, n. 6345).
In ordine alla definibilità della lite nel caso in cui con un unico atto o con
atto separato sia stato richiesto il pagamento dell'imposta o della maggiore
imposta e delle sanzioni ad esse correlate e il contribuente abbia prestato
acquiescenza limitatamente al tributo richiesto riferendo pertanto il gravame soltanto
alle sanzioni, occorre fare riferimento per il calcolo degli importi rilevanti
ai fini della definizione, esclusivamente alle sanzioni irrogate.
Nel caso di acquiescenza parziale sul tributo, la chiusura può avvenire
prendendo a base l'ammontare del tributo in contestazione in primo grado, senza
tener conto delle sanzioni e degli interessi che allo stesso si riferiscono.
Ove siano state irrogate sanzioni collegate ad un tributo ma lo stesso non sia
oggetto di contestazione (ad esempio sanzioni per ritardato versamento), si
ritiene che anche in tal caso, il giudizio, introdotto allo scopo di contestare
soltanto le sanzioni, possa definirsi avendo riguardo all’ammontare di queste
ultime.
La definizione può riguardare anche le controversie aventi ad oggetto le
cartelle di pagamento emesse a seguito di liquidazioni ai sensi degli articoli
36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973,
n. 600 e dell’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633. In questo caso, tuttavia, la convenienza della
definizione va valutata con particolare attenzione, tenuto presente che in
pendenza di giudizio – salvo che sia già intervenuta una pronuncia favorevole
al contribuente - sono comunque dovute per intero le imposte ed i relativi
interessi e sanzioni. Solo queste ultime, in caso di chiusura della lite, non
saranno più dovute. Al riguardo, va tuttavia evidenziato che non è consentito
il rimborso delle somme eventualmente già versate.
Sono liti definibili anche quelle pendenti dinanzi alle Commissioni tributarie,
ai Tribunali o alle Corti d’appello concernenti sanzioni comunque irrogate da
uffici finanziari. Si tratta, come specificato nella citata circolare n. 25/E
del 2002, di quelle sanzioni che, anche se non strettamente correlate alla
violazione di norme tributarie, sono comunque connesse con violazioni di
disposizioni riconducibili all’ordinamento giuridico - tributario e attinenti
alla gestione dei tributi.
10.4 Valore della lite e lite autonoma
Il valore della lite va individuato sulla base dell’imposta o maggior imposta accertata
o, nel caso di impugnazione parziale, sulla base dell’imposta o della maggiore
imposta contestata, con esclusione degli interessi e delle eventuali sanzioni
collegate al tributo, anche se irrogate con separato atto. Infatti, il valore
da assumere a base del calcolo per la definizione è sempre l’importo del
tributo e/o delle sanzioni non collegate al tributo nella misura in cui sono
stati contestati con l’atto introduttivo del giudizio in primo grado, a
prescindere dagli ulteriori sviluppi della controversia. Resta fermo quanto già
chiarito nel paragrafo relativo alle liti definibili in caso di assenza di
contenzioso sul tributo.
Ai sensi del comma 3, lett. c) dell’articolo in commento “il valore della lite è
determinato con riferimento a ciascun atto introduttivo del giudizio,
indipendentemente dal numero di soggetti interessati e dai tributi in esso
indicati”; alla precedente lett. b), è previsto che per lite autonoma si
intende quella relativa ad ogni singolo avviso di accertamento, provvedimento
di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione.
Pertanto, ove con il medesimo atto introduttivo del giudizio siano stati
impugnati più provvedimenti, il valore della lite dovrà essere calcolato per
ogni singolo atto in contestazione. Inoltre, se nell’atto impositivo è compresa
l’INVIM, il valore di tale imposta o maggiore imposta accertata costituisce
oggetto di lite autonoma rispetto agli altri tributi richiesti con il medesimo
atto (imposte di registro, ipotecaria e catastale, che vanno sommate per
determinare il valore della lite relativa alle stesse).
E’ altresì irrilevante l’eventuale riunione di più giudizi, in quanto il valore
da considerare è sempre quello relativo alla lite inizialmente instaurata.
La definizione ha per oggetto il contenuto complessivo di ogni singola
controversia: non è ammessa la definizione parziale, riferita cioè ad una sola
parte della materia del contendere, così come circoscritta dall’atto
introduttivo del giudizio. Nel determinare il valore della lite occorre, in
particolare, tenere conto di tutti i tributi in contestazione, compresi
addizionali, IRAP e contributo al servizio sanitario nazionale.
10.5 Coobbligati
Relativamente alle controversie che riguardano una pluralità di soggetti (ad
esempio, alienante e acquirente, coeredi, coniugi che hanno presentato
dichiarazione congiunta), in quanto interessati dallo stesso atto impugnato o dalla
stessa lite autonomamente definibile, possono configurarsi i seguenti casi:
a. pendenza di un’unica lite nella quale siano costituiti tutti gli
interessati;
b. pendenza di distinte liti aventi ad oggetto lo stesso atto, in ciascuna
delle quali siano costituiti tutti gli interessati;
c. presentazione di ricorso solo da parte di alcuni degli interessati.
Nell'ipotesi sub a) si configura un'unica lite e, pertanto, la regolarità della
definizione da parte di uno degli interessati produce automaticamente l'effetto
dell'estinzione della controversia anche nei confronti degli altri soggetti.
Nell'ipotesi sub b), pur configurandosi più liti fiscali, la regolarità della
definizione da parte di uno degli interessati produce l'effetto dell'estinzione
anche delle altre controversie. Ciò può accadere, ad esempio, in materia di
imposta di registro, nell’ipotesi in cui l’avviso di rettifica avente ad
oggetto lo stesso contratto di cessione di azienda sia stato impugnato
separatamente da acquirente e venditore, con l’instaurazione di separati
giudizi pendenti.
Per quanto attiene all'aspetto processuale, l'ufficio tributario che riceve la
domanda prodotta da uno dei soggetti interessati, nel trasmettere al giudice
l’elenco delle liti per le quali è stata chiesta la definizione, avrà cura di
comunicare la pendenza di altre liti aventi ad oggetto il medesimo rapporto
tributario, specificandone la circostanza.
Una volta verificata la regolarità della chiusura della lite, andrà richiesta
l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere anche con
riguardo alle altre controversie interessate dalla medesima definizione.
Nell'ipotesi sub c) la pretesa dell'Amministrazione finanziaria si è resa
definitiva soltanto nei confronti di uno o più dei soggetti interessati
dall’atto impugnato. In tal caso, l’effetto definitorio dell’iniziativa assunta
dal ricorrente impedisce all’Amministrazione di esercitare ulteriori azioni nei
confronti degli altri soggetti interessati, fermo restando che non si farà
comunque luogo a rimborso di somme già versate.
Si precisa che le liti in materia di imposte sui redditi riguardanti le società
di persone sono autonomamente definibili rispetto a quelle instaurate dai soci
per l’IRPEF dagli stessi dovuta.
10.6 Somme dovute
Le liti fiscali si definiscono con il pagamento di un importo pari al 10% del
valore della lite. Qualora, tuttavia, detto valore non superi 2.000 euro, è
dovuto l’importo fisso di 150 euro.
Il pagamento deve essere effettuato entro il 17 marzo 2003 secondo le modalità
previste per il versamento diretto dei tributi cui la lite si riferisce, con
esclusione della compensazione disciplinata dall’articolo 17 del decreto
legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
E’ inoltre prevista la possibilità di effettuare il versamento rateale delle
somme dovute, in un massimo di sei rate trimestrali di pari importo ovvero, se
la somma da versare supera 50.000 euro, in un numero massimo di dodici rate
trimestrali sempre di pari importo. In entrambi i casi, la prima rata deve
essere versata entro il 17 marzo 2003 e quelle successive dovranno essere
maggiorate degli interessi legali, con decorrenza dalla stessa data.
Si evidenzia che, nel caso in cui le rate successive alla prima non siano
versate alla scadenza, la definizione resta efficace, in quanto tali somme sono
recuperate mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo.
In questo caso saranno ulteriormente dovuti:
• una sanzione amministrativa pari al 30% delle somme non versate (ridotta alla
metà in caso di versamento eseguito entro i 30 giorni successivi alla scadenza
della medesima);
• gli interessi legali.
In aggiunta agli importi prima richiamati, sono comunque dovute le somme il cui
pagamento è previsto dalle vigenti disposizioni di legge in pendenza di
giudizio (con riferimento allo stato dello stesso alla data del 1° gennaio
2003), anche se non ancora iscritte a ruolo o liquidate, con esclusione delle
sanzioni.
Relativamente al versamento di tali ulteriori somme valgono le seguenti
indicazioni:
• qualora non siano state pagate ovvero non siano state iscritte in ruoli
notificati - mediante cartella di pagamento - prima del versamento richiesto
per la definizione, dette ulteriori somme devono essere versate, secondo le
stesse modalità prima richiamate, entro il 17 marzo 2003;
• qualora, alla data del versamento rilevante ai fini della definizione, sia
stata già notificata la cartella di pagamento, dovrà provvedersi al pagamento
di quest’ultima nel rispetto delle relative scadenze.
Qualora la cartella sia notificata in data successiva a quella in cui il
contribuente ha effettuato il versamento, non occorre procedere al pagamento
del ruolo; in tal caso, l’ufficio provvederà alla sospensione della riscossione
e, dopo aver verificato la regolarità della definizione, allo sgravio della
stessa, senza necessità di istanza da parte del contribuente.
Il pagamento in via definitiva delle somme di cui sopra è condizione imprescindibile
per la definizione della lite ai sensi dell'articolo 16 in esame. Tali somme
restano comunque dovute anche in presenza di sospensione dell’esecuzione
dell’atto ovvero della riscossione.
Le stesse devono essere versate integralmente in ogni caso, in quanto il
legislatore ha disposto che “restano comunque dovute”. Ciò comporta che per la
validità della chiusura della lite il ruolo non possa essere definito ai sensi
dell’articolo 12 della legge finanziaria 2003, che consente di estinguere il
debito, relativamente a ruoli affidati ai concessionari della riscossione entro
il 30 giugno 1999, versando il 25% dell’importo dovuto.
Nei casi in cui in pendenza di giudizio risultano dovute anche le sanzioni,
l’obbligo di pagamento delle stesse viene meno per effetto della definizione.
Pertanto, qualora le stesse siano già iscritte a ruolo, l’ufficio deve
procedere allo sgravio, mentre nel caso in cui siano state già versate non si
fa luogo a rimborso.
Ciò vale anche per le sanzioni, non collegate ad un tributo, per le quali è
dovuto solo il 10% del valore della lite (o 150 euro).
Le sanzioni collegate al tributo non sono dovute neanche qualora l’atto di
irrogazione delle sanzioni formi oggetto di un separato giudizio, ferma
restando comunque la non rimborsabilità di quanto già pagato.
In particolare, le somme dovute in pendenza di giudizio sono le seguenti:
4 prima della sentenza della
Commissione tributaria provinciale;
1. per le imposte sui redditi (articolo 15 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 602):
1.1. un terzo dell'imposta corrispondente all'imponibile o
maggiore imponibile accertato dall'ufficio, per le liti concernenti atti di
imposizione relativi a dichiarazioni presentate prima del 1° gennaio 1999.
Limitatamente agli accertamenti parziali eseguiti ai sensi dell'articolo 41-bis
del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, fino al periodo
d’imposta antecedente a quello in corso alla data del 30 ottobre 1993;
1.2. la metà di detta imposta per le liti concernenti atti
di imposizione relativi a dichiarazioni presentate dopo il 1° gennaio 1999.
Limitatamente agli accertamenti parziali eseguiti ai sensi dell'articolo 41-bis
del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, a decorrere dal
periodo d’imposta in corso alla data del 30 ottobre 1993;
2. per l'imposta sul valore aggiunto (articolo 60 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 633 del 1972): la metà dell'imposta o della maggiore
imposta accertata dall’ufficio;
3. per le imposte di registro, sulle successioni e donazioni, ipotecaria,
catastale e comunale sull'incremento di valore degli immobili (articolo 56 del
decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131; articolo 40 del
decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346; articolo 13 del decreto
legislativo 31 ottobre 1990, n. 347; articolo 21 del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643):
3.1. un terzo dell'imposta complementare dovuta per il
maggior valore accertato dall'ufficio;
3.2. l’intera imposta accertata nel caso di imposta
principale e di imposta complementare diversa da quella per maggior valore
accertato;
3.3. nulla nel caso di imposta suppletiva.
Va specificato che l’imposta principale e quella complementare di cui al
precedente punto 3.2. sono sempre dovute per l’intero importo preteso,
indipendentemente dal grado di giudizio – fatti salvi gli effetti di eventuale
pronuncia favorevole – in cui si trovi la lite al momento della definizione.
L’imposta suppletiva di cui al punto 3.3, invece, è dovuta solo a seguito di
deposito di pronuncia di una Commissione tributaria regionale o della
Commissione tributaria centrale, nella misura decisa con la medesima pronuncia.
Si ribadisce che per effetto della chiusura della lite non sono più dovute le
sanzioni collegate al tributo oggetto di definizione.
4 dopo il deposito della sentenza
della Commissione tributaria provinciale: i due terzi dell'imposta o maggiore
imposta in contestazione, salvo che - in caso di accoglimento parziale del
ricorso - il deciso sia inferiore a detto limite. In questa ipotesi è dovuto
per intero il tributo risultante dalla sentenza di primo grado.
4 dopo il deposito della
sentenza della Commissione tributaria regionale e della decisione della
Commissione tributaria centrale: l’intero ammontare determinato dalle stesse.
E’ necessario specificare che qualora penda dinanzi ad una Commissione
tributaria regionale o alla Commissione tributaria centrale una lite in cui sia
stata impugnata una decisione delle soppresse Commissioni tributarie di primo e
di secondo grado le somme da pagare sono le seguenti:
4 dopo il deposito della decisione
della soppressa Commissione tributaria di primo grado;
1. per le imposte dirette: i due terzi dell'imposta corrispondente all'imponibile
o al maggiore imponibile deciso dalla Commissione;
2. per l'imposta sul valore aggiunto: i due terzi dell'imposta corrispondente
all'imponibile o al maggiore imponibile deciso dalla Commissione;
3. per le imposte sulle successioni e donazioni, di registro, ipotecarie,
catastale e comunale sull'incremento di valore degli immobili: i due terzi
dell'imposta complementare relativa all'imponibile deciso dalla Commissione.
4 dopo il deposito della
decisione della soppressa Commissione tributaria di secondo grado;
1. per le imposte dirette: i tre quarti dell'imposta corrispondente
all'imponibile o al maggiore imponibile deciso dalla Commissione;
2. per l'imposta sul valore aggiunto: i tre quarti dell'imposta corrispondente
all'imponibile o al maggiore imponibile deciso dalla Commissione;
3. per le imposte sulle successioni e donazioni, di registro, ipotecarie,
catastale e comunale sull'incremento di valore degli immobili: l'intera imposta
complementare corrispondente all'imponibile deciso dalla Commissione.
In presenza di norme derogatorie alle anzidette disposizioni in materia di
riscossione provvisoria in pendenza di giudizio si applicano le norme speciali.
Ad esempio, in caso di ricorso contro l'atto di accertamento concernente
dichiarazioni relative a periodi di imposta per i quali è stata rilasciata
certificazione tributaria ai sensi dell’articolo 36 del decreto legislativo n.
241 del 1997, sono comunque dovute le imposte o le maggiori imposte, unitamente
ai relativi interessi, con esclusione delle sanzioni, secondo i criteri di cui
all'articolo 68 del decreto legislativo n. 546 del 1992, solo dopo la sentenza
della Commissione tributaria provinciale. Analogamente in riferimento
all’avviso di accertamento emesso ai sensi dell’articolo 37-bis (disposizioni antielusive)
del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.
Va ulteriormente precisato che, indipendentemente dal grado di giudizio - fatti
salvi gli effetti di eventuale sentenza favorevole - in cui si trovi la lite al
momento della definizione, sono comunque dovute le imposte e le ritenute alla
fonte e relativi interessi iscritti a ruolo ai sensi degli articoli 36-bis e
36-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e degli
articoli 54-bis e 60, comma VI, del decreto del Presidente della Repubblica n.
633 del 1972, con esclusione, a seguito della definizione, delle sanzioni
amministrative.
In tutti i casi in cui sono dovute le predette somme, devono essere versati
anche gli interessi dovuti in base alle singole leggi di imposta.
Atteso che, per espresso dettato normativo, la definizione delle liti fiscali
non dà comunque luogo alla restituzione delle somme eventualmente già versate
dal ricorrente, la sentenza ad esso favorevole, in deroga a quanto disposto
dall'articolo 68, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, a seguito
della chiusura della lite cessa di costituire titolo per il rimborso delle
somme dallo stesso versate e vale solo per ottenere lo sgravio dei ruoli non
pagati alla data del 1° gennaio 2003.
Si evidenzia che le regole che precedono concernono le liti pendenti davanti
alle Commissioni tributarie. Per quelle pendenti davanti all’autorità
giudiziaria ordinaria occorre fare riferimento alle singole leggi d’imposta, le
quali generalmente prevedono l’impugnabilità di atti integralmente esecutivi.
10.7 Errore scusabile
Il comma 9 dell’articolo 16 in commento stabilisce che “in caso di pagamento in
misura inferiore a quella dovuta, qualora sia riconosciuta la scusabilità
dell’errore, è consentita la regolarizzazione del pagamento medesimo entro
trenta giorni dalla data di ricevimento della relativa comunicazione
dell’ufficio”.
L’errore potrà ritenersi scusabile nelle ipotesi in cui il soggetto abbia
osservato una normale diligenza nella determinazione del valore della lite e
nel calcolo degli importi dovuti.
Non potrà invece ritenersi scusabile, ad esempio, l’errore consistente nel
versamento inferiore a 150 euro, in quanto, trattandosi dell’importo minimo
determinato dalla norma, appare come errore dovuto a negligenza inescusabile.
La scusabilità dell’errore va dunque riferita alla mancanza di negligenza nella
individuazione della somma dovuta ovvero alla sussistenza di condizioni di
obiettiva incertezza o di particolare complessità del calcolo, come potrebbe
verificarsi, ad esempio, per la determinazione degli interessi sulle somme
dovute in pendenza di giudizio.
I soggetti interessati possono comunque avvalersi del servizio di assistenza
telefonica mediante il n. 848 800 444 oppure recarsi presso uno degli uffici
locali dell’Agenzia, i quali forniranno, con il coordinamento delle direzioni
regionali, i chiarimenti e l’assistenza necessari per la chiusura della lite.
L’ufficio, riconosciuta la scusabilità dell’errore, liquiderà il maggior
importo dovuto e inviterà il contribuente ad effettuare il saldo di quanto
dovuto, entro 30 giorni dalla data di ricezione della comunicazione.
Qualora la parte non adempia entro tale termine all’integrazione del pagamento,
la chiusura della lite non sarà valida.
10.8 Sospensione dei giudizi e dei termini per impugnare le sentenze
Il comma 6 dell'articolo in esame prevede che i giudizi che possono formare
oggetto di definizione sono sospesi dal 1° gennaio al 30 giugno 2003. Se
antecedentemente al 1° gennaio 2003 la data di trattazione della lite è stata
già fissata nel suddetto periodo, i giudizi sono sospesi a richiesta del
contribuente. Qualora la data di trattazione della lite sia successiva al 17
marzo 2003, il contribuente ovviamente potrà richiedere la sospensione del
giudizio solo se si è avvalso della definizione.
Dal 1° gennaio 2003 non possono essere fissate trattazioni in date ricadenti
nel primo semestre 2003.
Le liti per le quali è stata chiesta la definizione, inserite negli elenchi che
verranno trasmessi entro il 30 giugno 2003 dagli uffici agli organi
giurisdizionali, sono sospese fino al 31 luglio 2005.
Inoltre, per le liti che possono essere definite, sono sospesi dal 1° gennaio
al 17 marzo 2003 i termini per impugnare le pronunce delle Commissioni
tributarie ovvero, nel caso di liti già di competenza del giudice ordinario,
quelle del Tribunale o delle Corti d’appello.
Nel caso in cui il contribuente non si avvalga della definizione, i residui
giorni del termine di impugnazione continueranno a decorrere a partire dal 18 marzo
2003.
Qualora la definizione non dovesse risultare valida, l’ultimo periodo del comma
8 dispone che la sentenza possa comunque essere impugnata, unitamente al
diniego della definizione, entro sessanta giorni dalla notifica dello stesso.
10.9 Estinzione del giudizio
L’estinzione del giudizio non può essere dichiarata prima della comunicazione
di regolarità della definizione da parte dell’ufficio.
A seguito del deposito di detta comunicazione, viene dichiarata l’estinzione
del giudizio per cessazione della materia del contendere ai sensi dell’articolo
46 del decreto legislativo n. 546 del 1992.
Anche nel processo civile la comunicazione di regolarità della definizione da
parte dell’ufficio è sufficiente per la dichiarazione di estinzione, sebbene la
cessazione della materia del contendere non sia prevista né esplicitamente né
implicitamente dal codice di procedura civile. Si deve ritenere, infatti, che
nel caso in esame sia possibile che il giudice dichiari l’estinzione del
processo, in quanto la giurisprudenza ammette la possibilità di estinzione nei
casi in cui sia sopravvenuta una situazione, riconosciuta da entrambe le parti,
che abbia eliminato la posizione di contrasto ed abbia perciò fatto venir meno
oggettivamente la necessità di una pronuncia del giudice sull’oggetto della
controversia.
11 REGOLARIZZAZIONE DELLE INADEMPIENZE IN MATERIA DI SERVIZIO PUBBLICO
TELEVISIVO
L’articolo 17, comma 1, della legge finanziaria per il 2003 prevede la
definizione agevolata delle violazioni relative al canone di abbonamento al
servizio pubblico televisivo (regio decreto legge 21 febbraio 1938, n. 246,
convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880 e successive modificazioni -
disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni) e alla tassa di concessione
governativa sugli apparecchi radiotelevisivi (articolo 17 della tariffa annessa
al D.M. 28 dicembre 1995, - pubblicato nella G.U. del 30 dicembre 1995, n. 303,
Serie Generale -e successive modificazioni); riguarda quindi tutti i soggetti
che pur detenendo un apparecchio radiotelevisivo non hanno corrisposto il
canone di abbonamento e la relativa tassa di concessione governativa.
Il contribuente può definire le violazioni commesse fino al 31 dicembre 2002
con il pagamento, entro il 16 marzo 2003, di un unico importo di euro 10 per
ogni annualità, per la quale è stato omesso il versamento, che si intende
definire. La definizione è ammessa anche nelle ipotesi in cui sia in corso un
procedimento amministrativo o giurisdizionale.
Sono pertanto ricomprese nel condono tutte le violazioni commesse entro il 31
dicembre 2002, per le quali, alla data di entrata in vigore della legge
finanziaria 2003 (1° gennaio 2003):
• non è stata ancora notificata la cartella esattoriale;
• pur essendo stata notificata la cartella esattoriale, non è ancora decorso il
termine di sessanta giorni per l’impugnazione innanzi alle commissioni
tributarie;
• a seguito di impugnazione, pende procedimento giurisdizionale oppure
l’eventuale pronuncia non si è ancora resa definitiva.
Sono invece escluse dalla possibilità di definizione le violazioni che
attengono a rapporti esauriti, vale a dire i casi in cui, alla predetta data
del 1° gennaio 2003:
• sono decorsi i termini di impugnazione della cartella esattoriale;
• è intervenuta sentenza passata in giudicato o comunque non più suscettibile
di impugnazione.
Si fa inoltre presente che l’ultimo periodo della norma in questione stabilisce
che non si fa luogo alla restituzione delle somme già versate.
Il pagamento deve essere eseguito con le modalità previste dall’articolo 17 del
decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e successive modificazioni, vale a
dire mediante utilizzo del modello F24. Si precisa che è esclusa, in ogni caso,
la compensazione ivi prevista.
12 DICHIARAZIONE INTEGRATIVA E DEFINIZIONE DELLE CONTROVERSIE RELATIVE
ALL’IMPOSTA UNICA DOVUTA PER LE SCOMMESSE DIVERSE DALLA SCOMMESSA TRIS E DALLE
SCOMMESSE AD ESSA ASSIMILABILI.
Le istruzioni di seguito fornite riguardano la definizione dei versamenti e
delle controversie relativi all’imposta unica disciplinata dal decreto
legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, tenuto conto delle attuali attribuzioni
in materia dell’Agenzia delle Entrate, fissate dall’articolo 8 del
decreto-legge 24 dicembre 2002 n. 282.
Eventuali ulteriori istruzioni potranno essere fornite dalla Amministrazione
Autonoma dei Monopoli di Stato per le entrate gestite da detta amministrazione.
Ciò premesso si chiarisce quanto segue.
L’articolo 8, comma 2, prevede che, su richiesta dei contribuenti, mediante
presentazione di dichiarazione integrativa, è consentita l’integrazione o, se
omessi, l’effettuazione dei versamenti concernenti l’imposta unica dovuta, ai
sensi dell’articolo 4, comma 1, lett. b), numero 2) del citato decreto
legislativo n.504 del 1998, per tutte le scommesse diverse dalla scommessa TRIS
e da quelle a quest’ultima assimilabili sotto il profilo delle modalità di
accettazione e di totalizzazione.
La dichiarazione, redatta in forma libera, deve riferirsi a ciascuna
concessione, ancorché trattasi di concessioni gestite da un unico soggetto, e
deve essere consegnata o spedita, in plico, senza busta, raccomandato con
avviso di ricevimento, all’Ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate competente
in relazione al domicilio fiscale del contribuente.
La dichiarazione deve contenere, oltre ai dati completi del contribuente (dati
anagrafici, codice fiscale, domicilio fiscale), il codice di concessione e
l’indicazione della sede operativa, nonché tutti gli altri dati idonei ad
individuare la definizione richiesta e gli estremi del versamento.
Si ricorda che l’articolo 4, comma 1, lett. b), numero 2) del decreto
legislativo n. 504 del 1998 fissa per le scommesse di cui trattasi un’aliquota
del 20,20 per cento applicabile sulle quote di prelievo stabilite per ciascuna
scommessa.
La definizione può effettuarsi per i versamenti relativamente ai quali sia
scaduto il termine al 31 ottobre 2002 e per i quali alla data del 1° gennaio
2003 non siano stati notificati avvisi di accertamento. La definizione avviene
con il pagamento di un importo pari al 20 per cento delle imposte non versate.
Il versamento deve essere eseguito entro il termine del 16 marzo 2003, fissato
dal successivo comma 3 dell’articolo 8 in commento.
La definizione è altresì consentita anche nelle ipotesi in cui siano
intervenuti accertamenti non ancora divenuti definitivi.
Tali controversie possono essere definite con il versamento, entro il termine
del 16 marzo 2003, di un importo pari al 30 per cento del dovuto o della
maggiorazione accertata alla data del 1° gennaio 2003.
IL DIRETTORE DELL'AGENZIA
Raffaele Ferrara